Riccardo Milani: “Ecco il mio film, senza muri politici o sociali. Nelle comunità non c’è ideologia quando si trovano soluzioni pratiche”

Il regista racconta la lavorazione di Un mondo a parte - con Antonio Albanese, Virginia Raffaele e un cast quasi interamente abruzzese - che è stata la pellicola più vista del weekend pasquale. "A me interessa raccontare le cose, tengo molto alle motivazioni che mi spingono, non ci sono né calcoli, né aspetti commerciali, né vado dietro alla critica". L'intervista di THR Roma

Un mondo a parte di Riccardo Milani è stato il film più visto del weekend pasquale. Interpretato da Antonio Albanese, Virginia Raffaele e un cast quasi interamente abruzzese, ha sfiorato il milione di euro (€ 935.597) per un totale, dopo soli 5 giorni di programmazione, di quasi 2.8 milioni di euro (€ 2.765.744) con 394.556 spettatori.

La pellicola, prodotta da Wildside, società del gruppo Fremantle in associazione con Medusa Film che lo distribuisce, continua ad essere accompagnata in giro nelle sale di tutta Italia dal regista e dai due protagonisti. Prossime tappe di questo lungo tour promozionale: Napoli, Bari, Barletta, Perugia, Ostia, Padova, Genova, Torino, Cagliari. THR Roma ha incontrato Riccardo Milani nei luoghi dove il film è stato girato.

Il suo mondo a parte è nelle montagne abruzzesi?

A volte mi sono trovato a fare la considerazione su quale sia il mondo a parte, perché molto spesso noi sottovalutiamo, non capiamo, non conosciamo unità di misura diverse dalle nostre. Nel film ho raccontato un modo di essere, di vivere la storia di un territorio. Quando mi chiedono, oramai a 50 anni, cosa ti piace, io non so mai bene dire cosa, però so che questo richiamo mi fa bene, mi fa recuperare il senso della misura.

Questo suo ultimo lavoro possiamo considerarlo cinema green?

Non lo so, perché non è solo questo, non credo.

Immagini del film Un mondo a parte sui muri di Pescasseroli

Immagini del film Un mondo a parte sui muri di Pescasseroli

Eppure parla dello spopolamento delle zone di montagna e l’utilizzo dell’immigrazione per il ripopolamento. Un film impegnato.

È lo sguardo che io ho su questo modo di essere che non ha nulla di ideologico, non ci sono muri politici o sociali. Se c’è da risolvere una questione, quando la questione si pone la comunità si mette insieme e ridiventa comunità quando serve. La soluzione è concreta e l’inclusione in quei territori è nei fatti, non è nella testa, non è predicata da nessuno. Gli esseri umani vengono accolti, in questo caso anche perché c’è una cosa da fare che serve alla comunità che è salvare la scuola, e pur di salvarla si utilizzano metodi al limite della legalità. Alcuni dei paesi della Marsica sopravvivano solo ed esclusivamente grazie all’immigrazione, quindi questo fa capire che una soluzione c’è.

Lei non vuole dare una connotazione politica al suo film, di fatto però è il suo lavoro più politico.

Alla fine del mio film c’è un pastore che racconta se stesso e dice a otto anni pascolava le pecore perché non c’era una scuola pubblica, c’era solo quella privata e il padre che era un pastore non poteva mandarlo a studiare. Nonostante tutto facendo egli stesso il pastore ha imparato a leggere e a scrivere. Quella è l’unità di misura con la quale forse dovremmo rapportarci ancora, la concretezza, risolvere le questioni personali della comunità tutti insieme. Non c’è matrice ideologica in questo. Qui si scavallano i muri, non esiste paternità ideologica sulle questioni concrete, su quelle pratiche.

Virginia Raffaele, Antonio Albanese e i piccoli protagonisti di Un mondo a parte

Virginia Raffaele, Antonio Albanese e i piccoli protagonisti di Un mondo a parte

Albanese è diventato il suo attore feticcio?

Albanese è un grande attore con il quale ci troviamo a raccontare temi a cui teniamo molto, penso ci accomunino tante cose, lo sguardo sul mondo, lo sguardo verso questo mestiere anche molto distaccato. A me interessa raccontare le cose, tengo molto alle motivazioni che mi spingono, non ci sono né calcoli, né aspetti commerciali, né vado dietro alla critica. Bisogna solo essere onesti. Cerco di mantenere questa onestà che nasce dal fatto che le motivazioni sono tutte interne, forti, da cittadino, da persona che vive in questo Paese, che ha tante lacerazioni, tante contraddizioni, che però ha anche questi spiragli di possibilità. Il ragazzo che nel film dice io qua sto bene, questa è casa mia, dice una cosa semplicissima e la semplicità a volte ha una potenza infinita. La ricerca dell’essenziale credo sia un altro tema di questo film.

Però per contro la sua protagonista afferma che il problema è che ciò che per i bambini è un paradiso, quando si cresce diventa un inferno.

Certo, diventa un incubo, perché il paese non ti dà tutto quello che ti dovrebbe dare. C’è una battuta bellissima di Agnese, interpretata da Virginia Raffaele, a cui io tenevo tantissimo, perché è una cosa che io sento dentro almeno una volta al giorno. Quando dice ci siamo abituati a perdere tutto, ci siamo abituati al peggio, e quando ci si abitua al peggio forse è la cosa peggiore che uomo possa fare. Io penso che sia proprio così, penso che lentamente ci si stia abituando al peggio. Io quotidianamente cerco di non rassegnarmi al peggio. Penso che una delle chiavi sia anche lì, arrivare a dire quelle cose lì in un contesto così e anche la ricerca della semplicità insomma.

A proposito di Virginia Raffaele, hai trovato una degna sostituta di Paola Cortellesi…

No. Questo è un film che abbiamo deciso con Virginia di fare insieme. Lei stava ancora facendo il suo film, io stavo lavorando ad altre cose. È un film che ho in mente da tanto tempo. Ho visto Virginia nel suo spettacolo che è Samusà e mi ha un po’ travolto emotivamente perché ha raccontato sè stessa bambina in una luna park, dove lei passava le domeniche. Io ricordo bene quel luna park a Roma, la tristezza di quella chiusura.

Lei ha passato la sua infanzia sotto un bancone mentre la gente sparava ai palloncini e vinceva i pesciolini e ci passava i fine settimana là. Ecco da quello spettacolo lì, da quell’umanità lì, da quel racconto lì, abbiamo fatto tanto riferimento per il personaggio di Agnese. Poi Virginia ha frequentato le persone di qui e ha constatato di persona.

Virginia Raffaele

Virginia Raffaele

Come si è trovato con lei?

Ho lavorato con Virginia da subito e solo con lei su questo personaggio. È stata un po’ travolta, ha fatto una preparazione lunghissima, siamo stati un mese e mezzo qui prima del film. Ha scoperto “un mondo a parte” che non conosceva. La cosa che spesso mi sorprende è che la gente non conosca, ignori un’umanità che vive in questo modo, però magari è la normalità, è normale non conoscere questo tipo di realtà. Lei ne è rimasta totalmente travolta.

Il film era pronto da tempo perché ha rimandato l’uscita?

Per via dello spettacolo di Virginia e per gli impegni di Antonio. Penso che ormai l’idea di accompagnare un film sia fondamentale, al pubblico un segnale va dato, quindi non potendo fare loro tutto quello che è utile per la promozione in tantissime piazze come stiamo facendo adesso, abbiamo deciso di rimandare. Mi piace incontrare le persone, la gente. Faccio film per il pubblico, nel senso che cerco di raccontare storie che piacciono, che mettono sul piatto certe tematiche. Ho deciso in un minuto alle Giornate Professionali di Sorrento, dove stavamo per annunciare l’uscita del film per il 25 gennaio. Ho detto a Giampaolo Letta di Medusa e Mario Gianani di Wildside, che visto che gli attori non potevano esserci di rimandarlo e loro mi sono venuti dietro, rischiando molto.

Protagonisti a parte quasi tutti gli attori che ha scelto sono abruzzesi.

I titoli di coda raccontano proprio quello e hanno anche un valore narrativo che sostanzialmente dice “volevamo raccontare la nostra storia e Antonio e Virginia ci hanno aiutato a farlo. Abbiamo raccontato il nostro territorio, la nostra vita”. È stato un modo da parte loro di mettersi in gioco e raccontarsi un po’. Pregi e difetti, perché poi comunque raccontiamo anche di comportamenti a volte al limite della legalità, quelle cattive abitudini, spesso anche l’invidia, perché nel film si dice, l’immobilismo spesso nasce anche da questo, cercare di non avere gente che emerge, perché la gente che emerge ti dà sempre la sensazione che qualcuno abbia fatto più di te. O che esalta la tua nullità. Questo vale in tutti i campi.

È stato difficile lavorare con degli attori non professionisti?

No, devo essere sincero, no.

Virginia Raffaele, Riccardo Milani, Antonio Albanese e i piccoli protagonisti di Un mondo a parte

Virginia Raffaele, Riccardo Milani, Antonio Albanese e i piccoli protagonisti di Un mondo a parte

E con i bambini?

I bambini erano totalmente spiriti liberi. È una comunità in cui i bambini giocano per strada, poi rientrano a casa la sera e hanno un modo diverso di apprendere. Tenerli sette o otto ore su un set, per loro è una prigione. Il primo giorno bene, il secondo giorno bene, il terzo già tenerli a bada è stato complicato, divertente anche. Mi sono affezionato tantissimo a tutti quanti. Se penso alla scena quando fanno i versi degli uccelli, stavamo in montagna a 1600 metri, faceva tanto freddo, Antonio sentiva freddo, noi pure, i bambini no, stavano lì e lì escono un po’ fuori, quando toccano corde emotive, sono meravigliosi.

Perché ha deciso di presentare l’anteprima del film nel piccolo cinema di Pescasseroli?

Perché è un cinema che resiste in un paese di 1800 abitanti, ed ha anche 45 abbonati. È una specie di luce nel buio. È intitolato a  Ettore Scola, che veniva qua. Ho contribuito in parte anche io a metterlo in piedi, al lavoro di arredo, di ristrutturazione, perché tenere in piedi un cinema così richiede tanta fatica, però è un segnale fortissimo. Non ho avuto dubbi quando ho pensato all’idea di fare l’evento qui. Portare i giornalisti e passare 36 ore qui in modo che uno capisca le cose,  entrare in una dimensione che secondo me un po’ ti aiuta a capire la spinta, la motivazione anche mia rispetto al film.

Cinema Scola a Pescasseroli

Cinema Ettore Scola a Pescasseroli

La scena finale di Albanese in macchina è praticamente uno spot per l’ente di promozione turistica del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Vedi la natura, vedi gli animali, vedi anche una piscina e una palestra che vengono rimesse in piedi dopo tanti anni, vedi un ragazzo recuperare la sua passione per la terra, e quindi fare il lavoro che lui ha sempre sognato. Una ragazza che recupera la possibilità di avere la sua libertà, e quindi, insomma, è un’idea di possibilità, insomma, che può arrivare.

Quel giovane ragazzo che preferisce rimanere in montagna a differenza dei coetanei che appena possono scappano è reale?

Duilio è un ragazzo a cui io ho comprato un sacco di chili di lenticchie e mi ha portato con lui a vedere la sua terra, a piantare le piante, le patate. Quelle lenticchie le ho piantate con lui, col trattore, siamo stati insieme. Il ragazzo adesso ha 23 anni, ne aveva 19 quando ha cominciato a coltivare la terra. Mi fa impressione che non vada sui social, non faccia altre scelte, non scappi, come fanno tutti quanti.

Lui però dice una cosa sacrosanta: “Io sto bene a casa mia, quindi ho diritto di avere a casa mia quello che serve”. Certo fa tanta fatica, però Duilio l’ha fatto, ha messo su un’azienda agricola che è un segnale fortissimo che cambia un’inversione di tendenza importante. Molti giovani stanno ritornando alla terra, che non è solo il ritorno, è dire io vivo in questo posto, è il mio, voglio rimanere qua, faccio quello che si può fare qua, e devo avere tutto per poterlo fare, qui servono scuole, medici, serve internet.

Antonio Albanese e Duilio Antonucci in una scena del film Un mondo a parte

Antonio Albanese e Duilio Antonucci in una scena del film Un mondo a parte

Il suo è un film local ma può essere anche global, ciascuna comunità rurale può riconoscersi in quelle dinamiche, anche all’estero. 

Non lo so, spero intanto che piaccia al mio paese, che molti, specie i ragazzi, ci si possano riconoscere. Spero anche che possa lanciare un segnale. Nelle proiezioni che abbiamo fatto in giro, con i bambini di 6-7 anni, con i ragazzini della media, con quelli del liceo, oltre a quelle per gli adulti, ho sentito segnali di adesione totale, insegnanti che vengono da me e mi dicono “questa è la mia vita, grazie”. I bambini che mi chiedono di Gemma, perché quella ragazza si è buttata dal ponte (Gemma nel film è una ragazza lesbica che non viene accettata dai genitori e quindi tenta il suicidio, ndr). Ci sono stati almeno 15-20 ragazzi di liceo che mi hanno chiesto perché è successo, anche se il perché è ben chiaro, ma evidentemente a loro incomprensibile.

Quale è stata la scena emotivamente più difficile da girare?

Quella di Sperone, perché c’ero stato da ragazzo in quel borgo abbandonato. Andare in un posto deserto dove la gente va a depredare quello che è rimasto e sapere che c’è stata una vita fino a pochi anni prima, una vita attiva. Oggi in sala era presenti gli ultimi quattro abitanti di Sperone, che ci hanno aiutato molto, sono stati con noi, ci hanno indicato i posti. Loro hanno vissuto la loro vita lì. Quando vai in un posto del genere e capisci che quel destino non è solo di quel posto lì, ma è comune a tanti altri paesini e che probabilmente potrebbe essere il  futuro di molti altri piccoli centri, questa cosa emotivamente ti colpisce moltissimo.

È soddisfatto del risultato?

Molto, molto, perché so di aver messo la passione che serviva, so quanto tengo a questi temi e quindi la motivazione per me è tutto, è fondamentale, non voglio far vedere quanto sono bravo, intanto perché non lo sono, voglio però far capire quanto sono appassionato, questo si, quanto col cinema tento di raccontare delle cose che mi piace raccontare.

Michele Astori, Virginia Raffaele, Antonio Albanese, Riccardo Milani durante la conferenza stampa al cinema Scola di Pescasseroli

Michele Astori, Virginia Raffaele, Antonio Albanese, Riccardo Milani durante la conferenza stampa al cinema Scola di Pescasseroli

Per lei questo è un periodo con il vento in poppa, prima il successo del documentario su Giorgio Gaber, adesso questo di Un mondo a parte.

La soddisfazione però con Gaber è avere raccontato un personaggio che è stato anche lì un riferimento, insomma una persona che andavo a sentire, ad ascoltare tutti gli anni perché aveva delle cose da dirmi e credo di dovere anche a lui l’attenzione e lo sguardo al mondo, di essere partecipe delle cose che si fanno nella vita con la società in cui vivi.

Il suo modo di raccontare, descrivere pezzi di società, potrebbe essere inserito tra i cineasti neorealisti?

Magari, io spero di avere la gratificazione del riconoscimento della passione, quello sì, delle motivazioni forti che spingono a fare un film. Io lo faccio e mi sta capitando di farlo sempre di più cercando di acuire questo percorso, questa strada.

Forse perché adesso se lo può permettere?

Non lo so se me lo posso permettere, so che sento la necessità di tirarle fuori.

Ha già qualcos’altro che bolla in pentola?

Sto scrivendo, stiamo scrivendo. Ancora è molto presto, però sarà un’altra storia di resistenza umana e culturale.