Un’altra storia, di Antonio Monda: Il sorpasso e il personaggio più bello di Gassman. Scritto per Sordi

Dopo aver contribuito a dare il via alla commedia all'italiana con I soliti ignoti nel 1958 di Mario Monicelli, nel 1962 il mattatore romano si trovò ad affrontare il ruolo di una vita, pensato però per qualcun altro

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Quanto è bella Roma a Ferragosto. Sarà che la capitale diventa quasi aliena, straniante, vuota come non si vede mai gli altri giorni dell’anno. Sarà perché nell’ideale cinematografico, assolato e in bianco e nero, Roma a Ferragosto è Il sorpasso di Dino Risi, esempio e pilastro della commedia all’italiana. E sarà per questo che i suoi protagonisti vi sfuggono, viaggiando lungo la via Aurelia, diretti a Castiglioncello, in Toscana. L’anno è il 1962, sia dell’uscita della pellicola che del periodo in cui è ambientata la storia. Racconto di benessere, di rappresentazione del boom economico che aveva investito il Bel Paese e che gli autori, sempre così disillusi, avevano subito declinato nei tanti vizi e nelle poche virtù degli italiani.

I protagonisti sono Jean-Louis Trintignant e Vittorio Gassman. Tra loro, come una scintilla calda e frizzantina, Catherine Spaak. Con una carriera partita nel 1956 con S.O.S. Lutezia di Christian-Jaque, dopo aver già collaborato con Valerio Zurlini tra Marche e Emilia-Romagna per Estate violenta e reduce dal tocco di Jacques Demy nell’episodio La lussuria de I sette peccati capitali, Trintignant cominciava a dividersi con sempre maggior frequenza tra Italia e Francia.

Il sorpasso e quel ruolo scritto per altri

Per Gassman, invece, Il sorpasso è stato il proseguimento naturale di un’affiliazione alla risata all’italiana che era stato tra i primi a esplorare con I soliti ignoti (1958) grazie al maestro d’orchestra Mario Monicelli, proseguito un anno dopo con lo stesso regista nel racconto della nostra storia con La grande guerra. C’erano poi già stati i vari Luttuada, Soldati e Comencini. Ma è con Risi che l’istrione consacra il filone esilarante nella sua tragedia, divertente nel farti arrivare alle lacrime, dolciamare come i finali dei suoi film.

Una conferma e un’ulteriore apertura. Dopo Bruno Cortona, tra i ruoli più belli di Vittorio Gassman, sarebbe arrivato nel 1966 il Brancaleone da Norcia, diretto ancora una volta da Monicelli. Insopportabili, volgari, immorali: i personaggi dell’attore lo sono sempre stati. Cuciti su misura. O, almeno, così sembra. Perché Cortorna, le sue battute e i suoi modi di fare, erano stati pensati per primi su un altro cinico per antonomasia: l’Alberto Sordi voluto da Dino De Laurentiis, declinato dopo l’acquisizione del film da parte di Mario Cecchi Gori.