Potenti e spaventose: le donne di Dune – Parte due sono infiniti mondi e infinite possibilità

Chani, Irulan, Lady Jessica e le Bene Gesserit, i ruoli femminili nella fantascienza di Denis Villeneuve si prendono la scena. Oltrepassano la questione di genere e dominano anche “l’eletto” Timothée Chalamet

“Voglio essere uguale a te”, dice Paul Atreides (Timothée Chalamet) a Chani (Zendaya) in una delle scene più emotive di Dune – Parte due, poco prima che i loro sguardi, fin dall’inizio fatti di curiosità e desiderio, si trasformino in un tenero bacio.

Non è solo la frase di un ragazzo innamorato, la sua. È il filo che unisce e livella tutti i rapporti tra il maschile e il femminile in Dune, fino a cancellarne i confini. Fino a eliminare la visione binaria dell’identità. In un altro mondo, in un altro pianeta, il potere e il controllo, temi centrali nel film, non passano attraverso le questioni di genere.

Voci che danno forma al mondo

Diario imperiale, anno 10191: è la voce della principessa Irulan (Florence Pugh) a introdurre la narrazione della seconda parte dell’opera di Denis Villeneuve. E con la sua, tutte le voci delle Bene Gesserit, sacerdotesse che tessono fili di vita e di morte, intrecci incomprensibili a gran parte dell’umanità. Gli uomini si piegano al suono dei loro comandi. Il tempo, lo spazio e i corpi si lasciano plasmare dalle loro parole.

Rebecca Ferguson è Lady Jessica in Dune - Parte due

Rebecca Ferguson è Lady Jessica in Dune – Parte due

C’è una donna, una Bene Gesserit, in ogni stanza del potere, perché “una Bene Gesserit non spera, pianifica”. E ogni singola decisione in Dune, tutti gli impulsi e le scelte, sembrano essere guidati dalla straniante presenza di questa sorellanza esoterica.

La bellezza e l’orrore

Sono spaventose le donne in Dune. Lo sono perché contengono moltitudini di mondi e di possibilità, passato, presente e futuro. Ironicamente rappresentano l’aspetto più fantascientifico e utopico del film (che è forse la migliore sci-fi del decennio), perché il loro potere è immenso, temuto e rispettato, anziché soffocato dalla violenza.

Abbracciano tutta la “bellezza e l’orrore”, come afferma Lady Jessica (Rebecca Ferguson) nel pieno della sua dolorosa metamorfosi, da duchessa Atreides a Reverenda madre. Ed escono illese da veleni mortali e da “secoli di sofferenza e dolore” che le attraversano e le trasformano, mentre invece “ucciderebbero qualsiasi uomo”.

Paul Atreides, al confine tra i mondi

“Qualsiasi uomo” tuttavia non è Paul Atreides. Il messia, l’eletto, il Muad’Dib, colui che indica la via. Nasce maschio per scelta della madre, Lady Jessica, capace di controllare persino la vita nel suo grembo. In lui però convivono il maschile e il femminile, in ogni istante. Gli insegnamenti dei guerrieri e i poteri delle sacerdotesse. Non a caso Villeneuve sceglie Chalamet, icona di una Gen Z fluida e priva di etichette, per interpretarlo.

Timothée Chalamet è Paul Atreides in Dune - Parte due

Timothée Chalamet è Paul Atreides in Dune – Parte due

Paul/Chalamet cammina sempre al confine tra i mondi e tra gli opposti, tra la luce e l’ombra, tra il bene e il male, tra la popolazione Fremen del deserto e l’eredità nobiliare degli Atreides. In lui abita la complessità del tutto, ma per quanto il suo percorso di crescita sia evidente in Dune – Parte 2, non è ancora il vero eroe della storia.

L’ultima, estrema, ribellione

Eroe è chi resta fedele a se stesso combattendo per una causa. Eroe, anzi eroina, in Dune – Parte due forse è soltanto la Chani di Zendaya. L’ultima, estrema e radicale, ribellione. Lei, la Primavera del deserto della profezia, come recita il suo nome, è la prima e resta l’unica a non credere al potere di Paul Muad’Dib, nonostante sia parte della sua leggenda. Nonostante il suo amore per lui. L’unico potere che riconosce è quello delle sue azioni, del suo coraggio sul campo di battaglia.

La Guerra santa incombe su Dune – in quello che potrebbe diventare un terzo e inaspettato capitolo della storia – e soltanto una persona, soltanto Chani, sceglie di non inchinarsi di fronte all’eletto. Soltanto lei, “che è uguale a lui”.