Il cinema secondo Sam Esmail: “Ogni mio lavoro è un piccolo universo. Ne Il mondo dietro di te li ho collegati tutti”

Lo sceneggiatore e regista spiega i riferimenti a Mr. Robot, Homecoming e Ocean's Twelve nel nuovo film Netflix con Julia Roberts, Mahershala Ali, Ethan Hawke e Kevin Bacon. "L'elemento centrale sono i personaggi, gli elementi del disastro sono lontani e vaghi. E io ho inserito le le mie ossessioni sui cyberattacchi". L'intervista con THR

Il mondo dietro di te di Sam Esmail ha debuttato l’8 dicembre su Netflix arrivando presto in cima alle classifiche di streaming della piattaforma. Nel frattempo i fan di lunga data del regista stanno cercando di capire che posto occupi questo film nel suo universo narrativo.

A dieci minuti dall’inizio del thriller, infatti, gli appassionati di Mr. Robot  probabilmente notano un elemento familiare: un kit di emergenza giallo con il marchio della multinazionale malvagia della serie statunitense, la E-Corp. Quell’oggetto sarà uno dei primi segnali di un attacco informatico che scatenerà l’imminente disastro raccontato nel film.

Le origini del progetto

Esmail aveva già pensato di realizzare un film catastrofico che ruotasse intorno a un attacco informatico e dopo aver letto il romanzo di Rumaan Alam, Il mondo dietro di te, ha capito che avrebbe potuto fondere quest’idea con il suo universo di storie già esistenti, non solo con Mr. Robot.

Protagonista del film è la famiglia Sandford durante un weekend a casa di G.H. Scott (Mahershala Ali) a Long Island. Rose Sandford (Farrah Mackenzie), figlia dell’Amanda di Julia Roberts e del Clay di Ethan Hawke, è una fan ossessiva di Friends che non riesce a vedere il finale della serie a causa di un’improvvisa perdita di connessione a internet. Tuttavia, non fa caso al fatto che sua madre sia identica al personaggio di Friends interpretato dalla stessa Roberts, Susie Moss, nell’episodio della seconda stagione Il grande Marcel.

In questo caso, Esmail ha preso spunto da Ocean’s Twelve, in cui Roberts interpretava sia il suo personaggio, Tess Ocean, sia se stessa, nello stesso universo. E la spiegazione del regista, in questo caso, è che in Il mondo prima di te il mondo rappresentato è leggermente lontano, distorto e diverso da quello reale.

(L’intervista qui di seguito a Sam Esmail contiene spoiler su Il mondo prima di te).

Il mondo dietro di te è tratto da un romanzo, ma lei ha chiaramente adattato questa storia all’universo di Mr. Robot, giusto?

Mi è sembrato abbastanza naturale e, ad essere onesti, non l’ho fatto solo con Mr. Robot. Ci sono piccoli cenni a tutto ciò su cui ho lavorato, da Homecoming e Comet fino a Mr. Robot. Ho l’impressione di creare un mio piccolo universo ogni volta che faccio un film, quindi mi sono detto: “Perché non collegarli tutti?”. È più divertente così.

Quando ha letto il libro per la prima volta, le è sembrato per molti versi un’estensione del suo mondo?

Prima di leggere il libro, stavo accarezzando l’idea di fare un film catastrofico incentrato su un attacco informatico. Per quanto questa parola venga usata e abusata e per quanto possa sembrare inquietante, è altrettanto misteriosa. Ho pensato che fosse un terreno fertile per un film. E poi ho letto questo libro in cui l’autore Rumaan Alam prende un thriller catastrofico e lo capovolge. L’elemento centrale del libro sono i personaggi, mentre gli elementi del disastro sono lontani e piuttosto vaghi. E subito ho pensato di inserire le mie ossessioni per i cyberattacchi in questo contesto. Si adattava perfettamente alle ansie dei personaggi nei confronti della tecnologia e alla loro dipendenza da essa. Quindi, in un modo strano, è stato un incontro perfetto, e sono fortunato che anche Rumaan abbia reagito bene a questi cambiamenti.

Mahershala Ali e Julia Roberts in una scena di Il mondo dietro di te

Mahershala Ali e Julia Roberts in una scena di Il mondo dietro di te

Naturalmente la scena dell’E-Kit ha uno scopo più ampio, ma la reunion tra Julia Roberts e Kevin Bacon dopo Linea mortale era un altro dei suoi obiettivi?

Assolutamente. È un po’ come in Homecoming, quando ho rimesso insieme Dermot Mulroney e Julia Roberts dopo Il matrimonio del mio migliore amico. Mi è sempre piaciuto farlo. Sono un figlio degli anni Ottanta e Novanta e lavorare con questi miei eroi è sempre un piacere. Lo stesso vale per Ethan Hawke, che adoro da quando ero al liceo. È stato quindi fantastico riunire alcuni di questi attori. In effetti, credo che questo sia il primo film in cui Ethan e Kevin recitano insieme.

È anche la prima volta per Ethan e Julia.

Sì, anch’io ho pensato che fosse assurdo, perché si ha la sensazione che avrebbero dovuto fare qualcosa insieme in passato. Quindi mi piace prendermi il merito di averli riuniti in un film, finalmente.

C’è una componente di Friends in questo film che è molto significativa e, considerando che Julia Roberts era in quella serie, ha optato per l’approccio di Ocean’s Twelve, in cui lei e il suo personaggio esistono nello stesso universo?

Assolutamente. Questo si ricollega a quello che stavo dicendo. L’universo che creo per questi film è leggermente lontano dalla nostra realtà. Deve esserlo, ovviamente. I personaggi sono interpretati da attori che si trovano nel nostro mondo. Quindi la mia meta-spiegazione contorta è che quando Rose (Farrah Mackenzie) guarda Friends e vede Julia, vede una somiglianza passeggera con sua madre, ma ovviamente fa finta di niente perché non è sua madre. Anche ai bambini non piace immaginare che le loro mamme siano queste celebrità famose che vedono in tv, quindi è così che mi giustifico”.

Quindi anche Heidi Bergman (altro personaggio di Julia Roberts, ndr) di Homecoming si aggira in questo universo.

Certo. Non so se hai colto gli easter eggs della Geist, ma ci sono anche quelli nel film.

Uno è il contenitore di antigelo, quando G.H. recupera il telefono satellitare.

Esatto. Quindi anche Heidi Bergman è là fuori e riceve lo stesso trattamento dagli sconosciuti per strada, che le dicono: “Ehi, assomigli a quell’attrice“. È un po’ come quando mi scambiano sempre per George Clooney (ride, ndr). Abbiamo questa straordinaria somiglianza che non si può negare.

Netflix ha perso la licenza di Friends nel 2019, quindi come ha fatto a inserirlo nel film? La piattaforma ha cercato di indirizzarvi verso qualcosa che attualmente possiede o di cui ha la licenza?

Niente affatto. In realtà, a Netflix questa scelta è piaciuta e, dal punto di vista della storia, aveva perfettamente senso. È una serie così iconica e un fenomeno globale. Non solo ha avuto una grande risonanza all’epoca, ma ha anche avuto una rinascita generazionale. Quindi aveva perfettamente senso che Rose fosse ossessionata come nel film, e loro erano pienamente d’accordo che ci impegnassimo in questo senso.

Questo film potrebbe essere la più grande dichiarazione di sostegno ai supporti fisici di sempre, e il tempismo è perfetto visto che Guillermo del Toro, Christopher Nolan e James Cameron si sono schierati a favore nelle ultime settimane. Come è riuscito a tenere nel montaggio finale l’inquadratura del telecomando in cui Rose ignora il pulsante di Netflix per premere il tasto play del blu-ray di Friends?

L’ho girata, l’ho inserita nel film, l’ho mostrata a Netflix e ho incrociato le dita. Questa era letteralmente la mia unica strategia e loro, devo dargliene merito, non hanno detto nulla. Non hanno reagito e io non ho chiesto nulla. Quindi lascerò le cose come stanno. Ovviamente, sono un grande sostenitore dei supporti fisici. Sono un grande sostenitore dell’uscita in sala e capisco che si tratta di un conflitto di interessi, dato che si può incolpare lo streaming per la potenziale scomparsa di entrambi. Ma a discolpa delle piattaforme, quando sono cresciuto, prima di internet, non avevo accesso a molti film di molti registi, e se non si trovavano nei negozi Blockbuster o nella videoteca d’essai della mia piccola città del New Jersey, non li guardavo. Quindi sono sempre combattuto perché vedo il valore di avere accesso a tutti questi grandi classici. Quindi, per quanto io sia un sostenitore delle sale e dei supporti fisici, vedo anche il valore dello streaming.

Julia Roberts in una scena di Il mondo dietro di te

Julia Roberts in una scena di Il mondo dietro di te di Sam Esmail

Nei titoli di coda ha ringraziato Guillermo del Toro e Rian Johnson, tra gli altri. Si dice che loro le abbiano dato diversi consigli nei primi montaggi. Quindi le hanno effettivamente dato una mano?

Al mille per cento. Guillermo è un grande uomo. È il regista dei registi. Ci tiene molto e la cosa che mi ha stupito del suo parere è che è davvero onesto. Mi ha fatto appunti e critiche, ma non mi sono mai sembrati irrispettosi o offensivi. Voleva solo sostenere il film. E lo stesso vale per Rian. Mi sento molto onorato che questi due maestri abbiano potuto guardare il film e darmi un parere. Vogliono solo sostenere i registi e la visione di buoni film, quindi è stato molto lusinghiero ricevere il loro supporto.

Il mondo dietro di te sottolinea una grande paura collettiva, più evidente dopo il Covid, quella per cui si possano creare divisioni e disfunzioni sociali con relativa facilità. Ci ha pensato mentre lo realizzava?

Oh sì! Succede ogni volta che mi accingo a fare qualcosa che sia di fantasia, e questo è di fantasia… a volte mi sembra di doverlo ripetere (ride, ndr). Prendo quello che c’è nel mondo e sposto alcune variabili, e poi mi pongo la domanda “cosa succederebbe se…?”. Ma ciò che mi dà ansia è quando la realtà si sovrappone. Mi spaventa perché sento che i confini tra la realtà e ciò che sto creando sono molto più lontani di ciò che accade realmente. Nel caso di Mr. Robot, ricordo che gli episodi andavano in onda e poi la nostra trama in qualche modo succedeva nel mondo reale. Con questo film, il merito è soprattutto di Rumaan. Ha scritto questo libro prima della pandemia e leggendolo mi sono sentito colpito su un nervo scoperto. Toccava il tema di come perdiamo la nostra comune umanità di fronte alle crisi, cosa che stava accadendo in tempo reale. Il fatto che sia stato così preveggente al riguardo è notevole e tempestivo, ed è questo che rende la storia così avvincente. Ma d’altro canto, fa davvero paura.

Come in tutti i suoi lavori, la macchina da presa è un personaggio a sé stante. Che cosa vi siete proposti di fare lei e il direttore della fotografia Tod Campbell in questo film rispetto agli altri suoi lavori?

Si tratta sempre della storia. Naturalmente, nel corso degli anni abbiamo creato un kit di strumenti per lavorare insieme e quindi abbiamo già un’idea di come realizzare uno di quei momenti che riteniamo possano contribuire alla storia, quando arriva il momento. Ci siamo ispirati ai movimenti di macchina apparentemente immotivati in cui Hitchcock era maestro. Aggiungevano quel senso di terrore e presagio che solo una macchina da presa “immotivata” può dare. C’è una scena in cui abbiamo creato un tale senso di vertigine e capovolgimento che persino Julia Roberts ha iniziato ad avere la nausea riguardando il girato, ed era tutto intenzionale. L’idea di giocare con la macchina da presa crea questa grammatica e questa estetica visiva. Così anche nei momenti innocui c’è sempre qualcosa di disorientante sotto. Il rapporto tra personaggio e pubblico inizia e finisce sempre con la macchina da presa.

Questo progetto era nato come una reunion de Il rapporto Pelican tra Julia Roberts e Denzel Washington ma ora è impossibile immaginare chiunque al posto di Mahershala Ali. È comunque andato tutto per il meglio? 

Non c’è dubbio che ora, dopo aver girato e visto il film, anch’io, come lei, non riesco a immaginare nessun altro se non Mahershala in quel ruolo. È semplicemente incredibile. Quando ho iniziato il casting, ho sempre immaginato G.H. come uno stereotipo hitchcockiano, una specie di Cary Grant o Jimmy Stewart. Mahershala ha quella qualità struggente di uomo comune che è abbastanza scaltro e acuto da fare un mezzo passo avanti. Non è un supereroe che è dieci passi avanti. È abbastanza astuto da valutare una situazione, ma a differenza della maggior parte degli eroi, non è freddo come una pietra. Non è del tutto sicuro di sé. E Mahershala, solo con il suo volto, è in grado di lasciar trasparire la vulnerabilità della sua anima. Così, quando si vede che ha paura, significa davvero qualcosa. È di grande impatto e non incrina affatto il suo eroismo. Sono stato fortunato. Onestamente, sono stato fortunato con l’intero cast. Quando si ha un cast di prim’ordine, con talenti di prim’ordine, come quello che ho avuto io, si cerca solo di non essere d’intralcio. Questo è l’obiettivo di un regista quando ha la fortuna di mettere insieme una squadra del genere.

In un mondo in cui esistono spinoff come Better Call Saul, El Camino e I molti santi del New Jersey, ha in mente un’altra storia legata a Mr. Robot?

Onestamente non so come potrei tornare su quella trama. Devo essere ispirato da qualcosa. Una storia deve venire da me. Ma come ho detto prima, gioco sempre in quell’universo, quindi credo sia possibile.

Quando uno showrunner ha una serie di successo, tende a seguire due strade: il controllo assoluto su un progetto alla volta o la supervisione di molti progetti diversi allo stesso tempo. Che cosa ha reso quest’ultima scelta la direzione giusta per lei?

In realtà mi sento a metà delle due strade. Ho avuto un colpo di fortuna, perché mi hanno direttamente affidato le redini di Mr. Robot. Non avevo mai frequentato una writers’ room prima di allora e non ero mai stato su un set televisivo prima di allora, e poi mi sono trovato a dirigere la serie già dall’episodio pilota che avevo scritto. Per questo motivo, la prima stagione è diversa. È un po’ grezza. È diversa da tutte le altre. Quindi, per quanto fossi onorato, ho capito il valore e l’eccezionalità della cosa. E ora che gestisco una casa di produzione (la Esmail Corporation), voglio dare la stessa opportunità ad altri showrunner.

Andy Siara, che ha fatto un lavoro così brillante con Palm Springs, mi ha dato The Resort e io ho colto al volo l’occasione di lasciargli gestire quella serie. E poi il mio ruolo, in quanto fan della sua narrazione, tende a essere quello di un membro del pubblico in grado di guidarlo da quella prospettiva. Lo stesso vale per gli sceneggiatori di Mr. Robot, Robbie Pickering e Amelia Gray. Hanno fatto un lavoro spettacolare su Gaslit, e abbiamo assunto Matt Ross per dirigere l’intera stagione.

Quindi, per me non si tratta di cimentarmi come unico regista o sceneggiatore, ma di lavorate dalla prospettiva del pubblico. E se dovessi tornare a fare una serie, probabilmente vorrei essere la principale forza creativa.

Qualunque cosa abbia fatto per convincere il compositore Mac Quayle a pubblicare l’ultimo lotto di colonne sonore di Mr. Robot, la ringrazio. Quell’ultima inquadratura sulle note di The Best Part è forse la più bella della serie. Cosa ricorda di quando ha ascoltato quel brano per la prima volta insieme al suo girato?

L’avevo già fatto in passato, ma spesso i registi montano il loro materiale usando musica provvisoria, prima di coinvolgere il compositore per seguire quella linea. Ma nella quarta stagione di Mr. Robot e anche ne Il mondo dietro di te, ho semplicemente detto a Mac: “Ecco alcune ispirazioni”. Creavo una playlist. Prima ancora di iniziare le riprese, lui aveva letto i copioni e insieme avevamo parlato del tono generale. Così ha iniziato a scrivere la musica a partire da quello ma credo che questo fosse uno dei brani che aveva scritto prima di aver visto le riprese. Quel momento, in particolare, era così straziante ed emozionante, ma non era sentimentale. Questo è il talento di Mac. È in grado di dare alla musica un’emozione genuina senza forzarla troppo, senza renderla mai una manipolazione. È questo che ammiro di lui. La musica può essere molto pesante e può calcare un’emozione che la scena sta già trasmettendo, ma Mac è in grado di insinuarsi in un modo fantastico. Quindi The Best Part ne è un ottimo esempio.

Traduzione di Nadia Cazzaniga