Assassin’s Creed Mirage, l’eterna battaglia: un ritorno alle origini in grande stile (o solo un miraggio?)

Il nuovo capitolo della saga degli Assassini trasporta i giocatori e le giocatrici nella Bagdad del IX secolo, tra Robin Hood mediorentali e califfi sanguinari. Ricostruzioni di qualità, azione in stile parkour e atmosfera avvolgente. C'è solo un problema: manca la trama

Autoritarismo contro anarchia, in eterna lotta. Che sia nella Gerusalemme oppressa dai templari o nella Francia di fine Settecento con giuramento della pallacorda annesso. Si possono riassumere così le trame di Assassin’s Creed, ma c’è di più: gli ambienti, l’azione, l’adrenalina, la furtività. Un cocktail vincente per un videogioco storico che dal 2007 incassa milioni di dollari in tutto il mondo, facendo persino divulgazione con la stessa verve di Alessandro Barbero.

Non importa la cornice storica in cui Ubisoft decide di ambientare l’eterna battaglia, queste due visioni del mondo si scontreranno sempre. E il fascino dell’ordine degli Assassini, che combatte le ingiustizie proponendo il libero arbitrio degli esseri umani ha conquistato i giocatori e le giocatrici, e grazie alle ricostruzioni storiche fatte da Ubisoft, l’Italia ne è anche uscita con una discreta dose di fascino, nel periodo Ezio Auditore. 

Ora è il turno di Assassin’s Creed Mirage, che dopo anni di evoluzione del franchise, sceglie una strada molto saggia. Quella di fermarsi un attimo e fare un passo indietro rispetto alle produzioni mastodontiche degli ultimi capitoli.

Un ritorno alle origini, al primo videogioco con il protagonista Altair mentre cerca di liberare Gerusalemme dalla dominazione templare. Ma siamo ancora anni prima del Medioevo, in questo caso, in una Bagdad del IX secolo nel pieno della sua epoca d’oro, e i nemici della confraternita degli Assassini non sono niente di meno che i Califfi, ma soprattutto una società segreta che nell’ombra li comanda come burattini, affamando il popolo.

Personaggi che non dialogano

Basim, già conosciuto in Assassin’s Creed Valhalla nella veste di un maestro assassino, qui è un giovane furfante che vuole sbarcare il lunario. Questa è la sua storia su come è entrato nella confraternita degli Assassini, tra un “colpo” andato male e ripercussioni violente. Ed è di una banalità atroce. Non soltanto gli eventi chiave nella crescita del personaggio di Basim sono di per sé poco originali, ma tutti i personaggi che si muovono in queste vicende risultano essere incredibilmente piatti e sconnessi dalla storia. Una trama dal ritmo poco decifrabile e con sostanziali problemi.

Ciò si percepisce nei dialoghi, i personaggi che interagiscono – in realtà – non sembra stiano parlando tra loro, ma per lo più recitando un soliloquio che poi – accidentalmente – si scontra in un momento con l’affermazione della controparte, per poi chiudersi bruscamente. Le animazioni, non nelle cosiddette cinematic, ma nei filmati con grafica in-game, sono legnose e i visi poco espressivi. Il doppiaggio in italiano e la traduzione non riescono a salvare in calcio d’angolo queste mancanze, anzi, seguono a ruota. 

Una scena di Assassin's Creed Mirage

Una scena di Assassin’s Creed Mirage. (Courtesy of Ubisoft)

Da ladro a maestro

La sospensione dell’incredulità salta quindi senza troppa fatica, per poi avvolgere nuovamente i giocatori e le giocatrici in tutto il resto dell’esperienza, che è invece un puro videogioco di Assassin’s Creed, con una ricostruzione storica fine e ambienti sapientemente studiati per permettere a Basim di fare ciò che ha reso questa saga tanto apprezzata dal pubblico, ovvero l’elemento parkour. 

Anche la struttura di gioco ne esce con la schiena dritta, con una minima – ma efficace – progressione delle abilità del protagonista, che da piccolo ladruncolo di quartiere diventa una silenziosa macchina della morte, un Robin Hood mediorientale dal carattere burbero ma con un chiaro compasso morale. E poi le missioni, le possibilità di approccio all’avventura, con multiple scelte e la possibilità di andare a sciabola sguainata oppure muoversi nell’ombra dei caravanserragli per infliggere ai messi del califfato la lezione della confraternita.

Letteralmente, un Mirage

Un’opera, questa di Ubisoft Bordeaux, più contenuta e meno dispersiva rispetto alle precedenti uscite, ma che crolla per la mancanza di una sceneggiatura accattivante, perdendo quindi l’occasione non soltanto di essere un coming of age rilevante, ma anche di essere un nuovo capitolo di introduzione per tutti i giocatori che si avvicinano solo ora al franchise di Assassin’s Creed

La formula compatta, dal punto di vista artistico e tematico, restituisce con più mordente l’anima della saga, come dimostrato dai capitoli spin-off Chronicles ambientati in Cina, Russia e India, con il racconto anche dell’anticolonialismo e della caduta degli Zar. Mirage, come portata, è la giusta via, ma ha perso la grande occasione della ripartenza. Ora è solo un altro capitolo degli Assassini, discreto e dimenticabile. Sembrava l’oasi degli appassionati nel deserto, invece è solo un miraggio, nel vero senso del termine.

Per la scrittura di questo articolo è stata provata la versione Xbox Series S di Assassin’s Creed Mirage