La Corte Suprema chiarirà i limiti della violazione del copyright nella causa contro Warner Music

Un produttore della Florida che ha fatto causa alla Warner Music dopo che Flo Rida ha campionato una canzone di sua proprietà. Non è chiaro quando i termini di prescrizione per la violazione del copyright inizino a decorrere

La Corte Suprema chiarirà fino a che punto i detentori di copyright possono recuperare i danni per violazione in un caso che coinvolge un produttore della Florida che ha fatto causa alla Warner Music dopo che Flo Rida ha campionato una canzone di sua proprietà.

Venerdì i giudici hanno deciso di esaminare l’appello presentato dalla Warner Music e dall’Artist Publishing Group contro la sentenza di un tribunale di grado inferiore, secondo il quale è consentito il recupero dei danni avvenuti prima dei tre anni previsti per l’azione legale. La decisione potrebbe chiarire l’incertezza sull’esistenza di una vera e propria responsabilità a tempo indeterminato per i diritti d’autore, come hanno recentemente sostenuto due corti d’appello federali.

Al centro della disputa c’è la canzone del 1984 Jam the Box, di cui è proprietaria l’etichetta discografica di Miami Music Specialist di Sherman Nealy e che è stata utilizzata da Flo Rida nel suo brano In the Ayer del 2008. All’epoca Nealy era in carcere per spaccio di cocaina. Nel 2018 ha citato in giudizio Atlantic Records, Warner Music e Artists Publishing Group, sostenendo di non aver autorizzato l’uso della musica della sua etichetta e che il suo ex-partner commerciale non aveva il permesso di concedere le licenze.

In sede di giudizio sommario, gli editori musicali hanno sostenuto che Nealy non ha intentato una causa per violazione del copyright entro i tre anni previsti. Il giudice federale che supervisionava il caso era d’accordo, ma la sua decisione è stata ribaltata dall’11° Circuito della Corte d’Appello degli Stati Uniti. La Corte ha stabilito che i tre anni di prescrizione non decorrono fino a quando il titolare del copyright non “sa o ha motivo di sapere di essere stato danneggiato”. La sentenza ha avallato l’applicazione della cosiddetta “regola della scoperta” ai sensi della legge sul copyright, secondo la quale il tempo per intentare una causa inizia quando i querelanti apprendono o avrebbero dovuto ragionevolmente apprendere che i loro diritti sono stati violati. Questa regola si contrappone alla cosiddetta “regola del pregiudizio”, secondo la quale la prescrizione inizia a decorrere nel momento in cui si verifica la violazione, indipendentemente dalla conoscenza del querelante.

Le corti d’appello federali sono giunte a conclusioni contrastanti sulla questione. Nella causa Petrella contro Metro-Goldwyn-Mayer, nel 2014, la Corte Suprema ha vietato il recupero dei danni per violazione dopo i tre anni di prescrizione. La Corte ha stabilito che la legge sul copyright “impedisce qualsiasi tipo di risarcimento per comportamenti avvenuti prima del periodo di prescrizione di tre anni”. L’interpretazione di questo linguaggio rimane irrisolta.

A febbraio l’11° Circuito si è unito alla Corte d’Appello del 9° Circuito degli Stati Uniti nello scegliere di non imporre un limite di tempo, ritenendo che i titolari di copyright possano perseguire i danni per violazione risalenti a più di tre anni prima della presentazione di una causa, purché siano “tempestivi in base alla regola della scoperta”. Ciò è in contrasto con la Corte d’Appello del 2° Circuito degli Stati Uniti, che ha stabilito che “il recupero di un querelante è limitato ai danni subiti durante i tre anni precedenti la presentazione della causa”.

Randy McCarthy, avvocato specializzato in proprietà intellettuale, afferma che è probabile che la Corte Suprema ribalti la sentenza dell’11° Circuito, in quanto “la responsabilità per il diritto d’autore potrebbe essere potenzialmente devastante per ampi settori della nostra società”. E aggiunge: “la possibilità di essere responsabili per cose fatte 20 anni fa, a patto che qualcuno le trovi online, sembra un po’ agghiacciante”.

La Recording Industry Association of America e la National Music Publishers’ Association hanno presentato delle memorie amicus curiae per sollecitare la Corte Suprema a riesaminare il caso, poiché l’incertezza sulla questione incoraggia la pratica del forum shopping, cioè la scelta, per un’azione giudiziaria, del foro che si ritiene possa applicare la legge nel modo più favorevole alla parte in causa.

Traduzione di Nadia Cazzaniga