Paolo Camilli, il sogno americano da White Lotus a Whoopi Goldberg: “Adesso ci credo, sogno in grande”

Dal 13 ottobre l'attore 37enne, ora sul set di Leopardi & Co., è su Paramount+ tra i giudici della terza stagione di Drag Race Italia: "Un programma per dare luce a una realtà altrimenti invisibile. La politica? Crea problemi dove non ci sono"

“Delle volte le cose fanno dei giri incredibili: i sogni nel cassetto non solo possono realizzarsi, ma possono diventare la normalità”. Se ne meraviglia ancora, Paolo Camilli, del successo fulmineo e inaspettato ottenuto nell’ultimo anno. Non può passare inosservato, vestito di nero e viola e adornato di glitter e brillantini ovunque. L’occasione è la festa per i tre anni di Wonty, l’agenzia di cui è socio e orgoglioso co-fondatore, “un roster pieno di talenti, accomunati dal valore dell’inclusività alla base di tutto”.

Una carriera singolare e in rapida ascesa, per l’attore nato 37 anni fa a Civitanova Marche, che ha iniziato a farsi strada con i video sui social dove condivide reel ironici e imitazioni da migliaia di like. Poi, il successo nella seconda stagione della serie record The White Lotus, con il ruolo di Hugo. E Camilli, 33 anni, si è imposto in poco tempo nell’industria di Hollywood. Solo negli ultimi nove mesi ha vinto un SAG Award, è stato scelto come giudice per la terza stagione di Drag Race Italia e Whoopi Goldberg l’ha voluto nel suo nuovo film, la commedia Leopardi & Co., girata in Italia.

Paolo Camilli all'evento di Wonty

Paolo Camilli all’evento di Wonty

Come ha vissuto l’esperienza di The White Lotus

Mi sento cambiato, è stata l’esperienza più bella della mia vita a livello professionale. Sono stato a contatto con dei professionisti, e sono riuscito anche a viverli da vicino. Ho percepito tutta la loro umanità. È stata una bolla creativa bellissima, e tra di noi c’è stata da subito una grande sintonia. Mi sono sentito risucchiato da un vortice.

La serie è andata benissimo negli Stati Uniti. Com’è stato vivere la dimensione del successo a Hollywood?

In America The White Lotus viene percepita in maniera straordinaria, ne sono veramente appassionati. Andando a Los Angeles ho capito quanto questa serie fosse importante. Per la prima volta ho pensato ‘cavolo, tutto può succedere’ e questo pensiero ti dà una visione diversa della vita. A volte mi censuro nei desideri, ma poi mi rendo conto che le cose possono realmente accadere.

E come coronamento di questo percorso ha vinto un SAG Award.

È incredibile, non credo di avere ancora realizzato. Mi sembrava di stare a una festa qualsiasi, perché era un’atmosfera talmente assurda da non sembrare reale.

Pochi mesi dopo la consegna dei premi, però, la SAG (sindacato degli sceneggiatori) ha iniziato uno sciopero tutt’ora in atto. Ha avuto modo di viverlo da vicino?

No, non l’ho vissuta personalmente. Noi in Italia abbiamo un meccanismo diverso. Pur avendo lavorato negli States, non conosco a fondo il sistema americano, quindi non sento di potermi esprimere. Parlando del nostro paese, però, credo che il settore dello spettacolo non sia valorizzato a sufficienza.

Cosa andrebbe fatto per salvaguardarlo?

Già il fatto che non si impartisca la disciplina teatrale nelle scuole è un problema culturale. Fare uno sciopero come quello che stanno facendo loro è un segnale forte. I film sono epifanie, raccontano storie, danno risposte e forniscono ispirazione. Il cinema è cultura, e come tale va salvaguardato. Soprattutto in un periodo storico in cui, se non si regolamentano alcune cose, la tecnologia rischia di indirizzarci verso un limbo ambiguo.

L’intelligenza artificiale è una minaccia?

A me spaventa tutto ciò che non è regolamentato. L’intelligenza artificiale ormai esiste, bisogna solo controllarla. Nel momento in cui si stabiliscono dei confini, non c’è da aver paura.

Ci sarà una terza stagione di The White Lotus?

Non si sa ancora nulla, perché c’è lo sciopero americano, è ancora tutto fermo. Sceneggiatori e autori sono fermi, quindi non ho nessuna notizia, né come attore né come fan.

Lei ha iniziato il suo percorso sui social, dove pubblica sketch e imitazioni di celebrità. Ha ricevuto complimenti dai diretti interessati?

Sì, è successo con Benedetta Rossi, e fa molto piacere. E poi, il brand di Sarah Jessica Parker ha condiviso un video dove faceva una sua parodia. È bello perché capisco che dall’altra parte è arrivato un messaggio: la persona che prendo in giro ha compreso che di base c’è una stima reciproca.

A teatro, con i suoi spettacoli ha toccato temi come il gender, l’omofobia, la discriminazione sessuale e il razzismo. Cosa pensa delle recenti posizioni del nostro paese in merito ai diritti civili?

Trovo assurdo che si debbano chiarire temi così basilari. Ancora stiamo discutendo il matrimonio uomo-uomo, donna-donna… Nel momento in cui le mie scelte non limitano la libertà di nessuno, non capisco perché si debbano far nascere questioni simili. Sono esausto e stanco. Stiamo parlando di una cosa semplice. La politica italiana sembra voler creare un problema dove non c’è.

È diventato virale un suo video sulla questione delle violenze sessuali non considerate reato se inferiori a dieci secondi. L’ironia può veicolare un messaggio sociale?

Se l’ironia non viene sfruttata solo ed esclusivamente per ricevere attenzioni, se si ha in testa il messaggio giusto, è possibile trasmettere messaggi importanti. È come un seme che matura nel tempo. Lì per lì ridi per la battuta, poi pian piano capisci il suo significato intrinseco. Ridere può incrinare i muri, anche quelli di coloro che si tengono sempre sulla difensiva.

Anche Drag Race ha una funzione sociale?

Drag Race è la possibilità di dare finalmente visibilità a una realtà.

L’ex senatore Pillon ha definito il programma come una provocazione di ‘propaganda LGBT’.

All’inizio poteva essere una provocazione, ma non lo è più nel momento in cui il soggetto diventa la normalità. Non si parla di fare propaganda, ma di mostrare la realtà. Chi la vede come una provocazione lo fa perché ha delle resistenze.

In questo momento sta lavorando sul set di Whoopi Goldberg per il suo nuovo film su Giacomo Leopardi. 

Stiamo girando nelle Marche, la mia regione. Sta andando benissimo, ero convinto di trovarmi davanti a una star di Hollywood e invece ho a che fare con una donna umile, comprensiva e in grado di mettere tutti a proprio agio.

Da bambino sognava di arrivare fin qui? 

No, non ho mai avuto il sogno americano. Mi sono sempre limitato nel desiderare le cose, solo perché le vedevo troppo lontane, irraggiungibili. Invece, il giorno dopo il SAG mi sono detto ‘Perché non sognare in grande?’. Tutto può accadere.

La spaventa il futuro?

Un tempo ero fissato, dovevo fare l’attore a tutti i costi, senza se e senza ma. Oggi non la vedo più così. Se un giorno mi alzerò dal letto e deciderò di essere presentatore, cantante o ballerino, perseguirò il mio obiettivo. Per ora, però, sto facendo quello che mi piace, il set è l’ambiente che più mi soddisfa. Adesso sono felice di fare il mio lavoro, ma ancor più di questo, la mia aspirazione è sempre quella di svegliarmi soddisfatto.

 

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E ora, si sta svegliando soddisfatto?
Stressatissimo ma soddisfatto. Sono oberato dagli impegni. Ma alla fine della giornata, quando mi metto al letto, penso tra me e me “Anche oggi ho fatto una cosa bellissima”.