Sanremo 2024, ma non finisce mai l’eterno sketch di Amadeus & Fiorello? (Aspettando i trattori rombanti all’Ariston)

Giorno meno uno del festival della fu canzone italiana: il sommo direttore dice che "è una nostra festa nazionale", qualcuno lo chiama "condottiero", ma con l'amico Rosario son tutti ammiccamenti come fossero compagni di scuola in gita. Le rassicurazioni non mancano: non ci saranno presenze istituzionali né monologhi, la kermesse "non è schierata" e "più libera di così non si può", gli agricoltori in protesta, se verranno, "saliranno sul palco"

“Belzebù” lo chiama Fiorello, e ad Amadeus, impacchettato nella sua giacca blu zucchero e la camicia che pare a pallini piccolissimi, gli si illuminano gli occhi, tutto contento. Sussurrano, i due, ridacchiano come gli scolari dell’ultimo banco, uno fa vedere messaggi del cellulare all’altro, lievemente eccitati, un po’ come il giorno prima della gita di classe. “Siamo partner, ormai è ora che lasci tua moglie”, dice il giullare all’amichetto. E’ la “sindrome del quinto anno”: sei il leader supremo del festival della fu canzone italiana da mezzo decennio, qualcuno tra i giornalisti arriva a chiamarti “condottiero” (un altro s’entusiasma gridando “siamo innamorati di te”), e tu non sai se recitare la parte del capo dello Stato o continuare nell’eterna gag con il compagno di giochi un po’ più carismatico. Quello chiamato Fiore, che da millenni continua con il tormentone “ci sono, non ci sono, ci sto un po’, ci sto solo alla fine, potrei non esserci, eccomi!” nel plauso bulgaro del novanta per cento dell’italica stampa. Ebbene sì, sembra che il Bel Pease sia abbonato in terno all’immutabile sketch di Amadeus & Fiorello.

Benvenuti, insomma, alla sterminata conferenza stampa numero uno di Sanremo 2024 – paradossale esorcismo collettivo del paese intero, rogo delle streghe compreso – dove ovviamente si parla di tutto fuorché delle cosiddette canzoni: dai trattori protestatari al fatto che “non sarà” un festival meloniano passando dall’intelligenza artificiale (“non potrà mai sostituire un’orchestra”, annuisce con gravità il sommo conduttore), fino al dramma dei morti sul lavoro in una miscellanea pazza che arriva finanche al ballo di John Travolta nella serata del mercoledì.

Amadeus sul palco dell'Ariston al festival di Sanremo

Amadeus sul palco del Teatro Ariston di Sanremo

Non ci venite poi a dire che Sanremo non sia politica: lo sin dalla sua auto-rappresentazione, con i dignitari locali o televisivi seduti in prima fila che nemmeno i più alti burocrati al congresso del Pcus, lo è perché il paese è tutto politica, anche se al festival la sua tendenza a diventare commedia all’italiana si fa ancor più drastica: per cui la notizia che i trattori furenti potrebbero giungere rombanti in scena all’Ariston è stata lanciata nei fatti da Al Bano, uno che queste cose le sa bene e le capisce benissimo.

“Portare la protesta dei trattori a Sanremo sarebbe un colpo mediatico formidabile. E se fossi uno con un grande pelo sullo stomaco ci andrei pure io con un trattore”, diceva domenica l’ugola di Felicità (e anche grande escluso, bisogna aggiungere), tempestivamente intervistato da un’agenzia di stampa, assicurando però “di non voler strumentalizzare il mio doppio ruolo di cantante e di contadino”. Ascoltatelo, il saggio Al Bano, quando ci invita a ricordare il festival del 1984, quello in cui “Pippo Baudo invitò sul palco gli operai dell’Italsider di Genova”. Detto, fatto: “E’ una protesta assolutamente giusta, sacrosanta, per il diritto al lavoro, se vengono li faccio salire sul palco”, promette serio in volto Amadeus Jong-un. “Faccio un appello a venire” lo sostiene lo sparring partner Fiorello.

Certo, Kim Jong-Ama promette faville alla gara canora dicendo della “top five” di ogni sera che promette sorprese incredibili, ricordando che è lui a scegliere tutte e trenta le canzoni (su svariate centinaia), ma quel che gli preme davvero è ripetere per la centesima volta che “i miei festival non sono schierati”, e la prova sarebbe che “in passato sono stato attaccato sia da destra che da sinistra: più libero di così non si può”.

Ma qui anche i gatti sanno che Sanremo attira la politica come un magnete ultra-potente. Non a caso il sit-in organizzato per mercoledì a viale Mazzini contro “Tele-Meloni” viene piazzato nei giorni del festivalone. Non a caso l’astutissimo Fiorello parla davanti alle telecamere del “D’Alema che è in me” (il riferimento è ai baffetti così simili a quelli dell’ex premier già comunista in epoche lontane come l’arca di Noè). Non a caso Amadeus ci tiene a sottolineare che quest’anno “al festival non ci saranno né monologhi, né presenze istituzionali”, dopo che “l’anno scorso Mattarella ha fatto un grande regalo agli italiani”.

Da sinistra: Teresa Mannino, Giorgia, Lorella Cuccarini e Fiorello: i co-conduttori di Sanremo 2024

Da sinistra: Teresa Mannino, Giorgia, Lorella Cuccarini e Fiorello: i co-conduttori di Sanremo 2024

Insomma, il direttore artistico  longevo quanto Mike e quanto il Gran Baudo è ben consapevole del suo potere, anche quando assicura della gran libertà lasciatagli dall’ad della Rai, Roberto Sergio. E’ per questo che parla come un presidente della Repubblica quando con tono grave sottolinea che Sanremo “è una nostra festa nazionale” e al tempo stesso con nobile distacco fa intendere che non ci sarà un sesto festival a conduzione Amadeus: “Sono lusingato dall’affetto della Rai e del pubblico, ma credo che cinque anni siano sufficienti per chiudere, mi auguro, con una festa bellissima. Resterò comunque innamorato di Sanremo a vita”. Esattamente così dice alla gremita sala stampa dell’Ariston, sulla quale si stende un’aura di dolente commozione, appena temperata dalla consapevolezza che la guerra per la successione è già in pieno corso.

Beh, si può capire che un po’ di maestà uno la provi al quinto anno di Sanremo: è per questo che ad un certo punto ad Amadeus scappa di parlare di sé in terza persona, come Giulio Cesare. “Il direttore artistico ha scritto il regolamento e se l’è cambiato”, sibila il nostro per giustificare una canzone tutta in napoletano, quella di Geolier, laddove il regolamento direbbe un’altra cosa. Non c’è da stupirsi se poi il fedele Fiorello nella parte del giullare bocca della verità gli dà del “Belzebù”: ma non vi illudete, è tutto scritto. Da molto, troppo tempo.