Ogni giorno – e per fortuna, aggiungeremmo – sentiamo parlare di empowerment femminile, di una parità di genere non ancora raggiunta ma per cui lottiamo ardentemente. Di un processo di cambiamento del sociale che deve passare per la vita di tutti i giorni, ma che di normalità, purtroppo, ha ancora ben poco. Il 7 marzo, presso il cinema Barberini, ha avuto luogo la XX edizione del Premio Afrodite, piccolo ma consistente spazio all’interno di questa battaglia quotidiana, per valorizzare e dare voce al talento femminile in un’industria ancora prettamente maschile come quella dell’audiovisivo.
Il premio, nato dall’ingegno di Cristina Zucchiatti, Donatella Senatore, Cinzia TH Torrini e Patrizia Biancamano, si è celebrato con una cerimonia stringata e efficace, per festeggiare le voci femminili distintive di quest’ultimo anno. Tra esordi alla regia, ruoli controversi e donne che si sono sapute cimentare in progetti audaci e coraggiosi, tutti denominati da una componente a prevalenza femminile.
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I film e le interpreti premiate trattano questioni concrete e quotidiane, figlie della nostra società e battaglie di ognuna di noi. Prima tra tutte, la non conformità dei corpi a certe norme malate. “Interpreto un’attrice bombardata dal body shaming, che è un fenomeno che conosco molto bene, come tutte noi”, ha spiegato Carolina Crescentini ritirando il suo premio per il cortometraggio Unfitting, diretto da Giovanna Mezzogiorno e basato sull’esperienza personale di quest’ultima, sulle difficoltà lavorative riscontrate dopo una gravidanza gemellare, di fronte ad un corpo femminile naturalmente cambiato.
“Avevamo voglia di restituire davvero questa sensazione”, ha aggiunto Crescentini su uno dei fenomeni-piaga dei nostri tempi. “Quando l’abbiamo presentato alla conferenza della Festa del Cinema di Roma siamo state molto dirette, e si è creato il gelo. Quelli che stavano zitti erano gli stessi che da coperti si permettevano di fare certi commenti”.
Di lotta alla violenza di genere, portata avanti anche grazie a prodotti immediati e di fama internazionale, come C’è ancora domani di Paola Cortellesi (grande assente alla premiazione, che ha ringraziato per il riconoscimento con un video proiettato nel corso della serata) e come Mare Fuori. “Carmela è proprio il punto di inizio della lotta contro la violenza verso il nostro genere. Rappresenta quelle anime tormentate che si spengono lentamente perché credono di non avere via d’uscita”, racconta a THR Roma una delle protagoniste, Giovanna Sannino, premiata per il suo ruolo nella fiction-fenomeno Rai e per il suo primo romanzo, Non sempre gli incubi svaniscono al mattino.
Ma anche di sforzi quotidiani – doppi, tripli, moltiplicati per dieci – per riuscire ad emergere in un panorama androcentrico. Lo ha ricordato Greta Scarano, premiata per il suo corto Sei mesi dopo e per il suo ruolo in Circeo. L’attrice, reduce dal suo esordio alla regia, ha parlato delle sue difficoltà e dei suoi tentativi per entrare a far parte di un mondo che aveva sempre bramato, ma dal quale, a volte, si è sentita respinta e non compresa.
Premiata per un’altra prima regia anche Pilar Fogliati, che nel suo Romantiche, di donne ne interpreta ben quattro. Una intraprendente bohémienne, una tranquilla aristocratica, una ragazza di periferia senza troppe pretese e una benestante ed aggressiva, rappresentate nelle loro idiosincrasie e in tutte le loro sfaccettature, in un one woman movie coraggioso e di successo. “Ma scrivere per altri è un passaggio che ti devi conquistare piano piano, un lusso che ti concedi. È una cosa ancor più da professionista che mi auguro avverrà in futuro”.
L’altra neo-cineasta, Micaela Ramazzotti, si è soffermata sulla ricerca di un equilibrio nella vita, come donne e come artisti. Quasi entrando in osmosi con Desiré, la protagonista del suo Felicità (del quale ha spoilerato il finale davanti a tutta la platea, giustificandosi perché “è uscito a settembre, un sacco di mesi fa!”): “Desire decide di prendere il treno della libertà, della felicità che tutte le donne cercano. Io? Sul treno della felicità ci sto viaggiando in questo momento”.
Perché in fondo, quella del Premio Afrodite è una premiazione rincuorante e ancora tanto necessaria. “Un riconoscimento importante e affatto banale per il nostro sforzo”, lo definisce parlando con THR Roma la giovane premiata Gaia Girace, protagonista di The Good Mothers e della pellicola di prossima uscita Girasoli. “C’è un vero lavoro, un vero messaggio, un vero sogno dietro a questa serata, spesso questi eventi sono solo vetrine piene di flash e invece qui c’è un forte sentire”, ha commentato Sannino.
Qualcuno lo definisce un “grande vivaio di talenti femminili”, usando una bella metafora floreale. E lo ribadisce anche la giornalista Laura Delli Colli, fiduciosa per il panorama italiano e per le sorti del nostro cinema. “È cambiata la società, ed è cambiato un po’ anche il cinema. Questo è l’anno delle attrici registe, e mi piace molto questa cosa”, ha detto, facendo riferimento alle cineaste premiate, Pilar Fogliati, Paola Cortellesi, Greta Scarano e Micaela Ramazzotti e speranzosa in un mercato finalmente aperto a tutti, libero ed eterogeneo.
“Siamo all’8 marzo”, ha detto in chiusura della serata. “Ma a noi che importa? Abbiamo tutti i giorni per ricordarci che C’è ancora domani, come direbbe qualcun altro”.
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