Tra Wenders e gli anime, a Venezia arrivano gli adolescenti “interrotti” di Una sterminata domenica

L'esordio di Alain Parroni arriverà in sala il 14 settembre dopo il passaggio in Orizzonti. "Volevo raccontare l'urgenza di chi vuole lasciare un segno del proprio passaggio nel mondo, anche senza avere gli strumenti per farlo"

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Un film con due padri: uno geografico, il Giappone da cui proviene la musica di Shirō Sagisu – dagli anni Ottanta tra i più celebri compositori di musica per anime – e uno d’elezione, il regista Wim Wenders, che ne è anche produttore. È un caso strano il bell’esordio di Alain Parroni Una sterminata domenica, prodotto da Fandango, Alcor, Art me pictures con Road Movies e presentato oggi a Venezia nella sezione Orizzonti, per un’uscita in sala il 14 settembre: una storia di formazione in cui il destino di tre giovanissimi ragazzi si incontra sullo sfondo della campagna romana, all’ombra del set abbandonato di Ben-Hur. ”Wenders non l’ho conosciuto di persona, l’ha coinvolto uno dei produttori – racconta Parroni a THR Roma –  abbiamo lavorato durante la pandemia, ci siamo scambiati mail e lunghe lettere di suggerimenti e indicazioni. Ci ha supportato in molti modi: per un fortuito caso in quel periodo stava girando in Giappone il suo film, Perfect Days, e ci ha messi in contatto con Sagisu. Senza di lui non ci saremmo mai riusciti”.

I protagonisti della storia hanno tutti meno di vent’anni: Brenda (Federica Valentini), incinta dell’introverso Alex (Enrico Bassetti), ne ha 19, mentre Kevin (Zackari Delmas), che sfoga la sua rabbia giovane vandalizzando i muri della città, ne ha appena 16. “Ho cominciato a preparare il film facendo interviste a ragazzi di quell’età e di quelle zone, l’ho fatto per sei anni. Federica, che interpreta Brenda, l’ho trovata così. Volevo raccontare l’urgenza dei ragazzi di lasciare un segno del loro passaggio nel mondo, anche quando non hanno strumenti per farlo. Ho fatto provini anche ad attori noti, ma quello che mi serviva erano persone autentiche, che avessero un equilibrio come gruppo”. Per Parroni, 31 anni, il cinema resta un punto di arrivo indispensabile: “Credo nel cinema, nella sala, come esperienza collettiva. Sono cresciuto negli anni Novanta, quando il cinema per noi ragazzi era come una chiesa. Pian piano, mentre il panorama dell’audiovisivo cambiava, ci siamo ritrovati senza quella guida spirituale. Ma non è vero che la mia generazione può farne a meno: anche noi abbiamo bisogno delle sale cinematografiche”.