A Murder at the End of the World, parla l’ex Lady D. Emma Corrin: “Spero che questa serie sia un avvertimento sull’uso dell’IA”

"Reinventare un personaggio del genere è una cosa fantastica. Siamo circondati da detective maschi che risolvono gli omicidi in modo molto tradizionale", racconta l'attrice che nello show Disney+ creato da Brit Marling e Zal Batmanglij interpreta un'investigatrice amatoriale. L'intervista con THR Roma

Da Lady Diana Spencer in The Crown a una detective hacker di nome Darby Hart in A Murder at the End of the World, l’ultimo ruolo di Emma Corrin è la giusta svolta per l’attrice.

Co-creata da Brit Marling e Zal Batmanglij, A Murder at the End of the World racconta la storia della detective dilettante interpretata da Corrin, Darby, che tenta di venire a capo della morte del suo ex compagno Bill Farah, interpretato da Harris Dickinson in un esclusivo ritiro islandese. Sei anni prima, Darby e Bill sono diventati partner nel mondo del true crime attraverso un subreddit di casi irrisolti (forum di discussione tematico ospitato sul social network Reddit, ndr), prima di intraprendere un viaggio alla ricerca di un serial killer.

La miniserie – il cui ultimo episodio sarà disponibile su Disney+ il 19 dicembre – è raccontata attraverso la doppia narrazione e i flashback, prevalentemente ambientati nello Utah, che servono a dimostrare che questa investigatrice atipica ha le capacità necessarie per risolvere il caso islandese.

Di seguito, durante una recente chiacchierata con THR, Corrin – che attualmente sta girando Deadpool 3 – parla anche di come si è sentita a tornare sul set della Marvel dopo i 118 giorni di sciopero della SAG-AFTRA, il sindacato degli attori di Hollywood.

Emma Corrin in una scena di A Murder at the End of the World

Emma Corrin in una scena di A Murder at the End of the World

Darby è stata cresciuta dal padre single nel suo ufficio di medico legale. Sua madre non era presente. È diventata maggiorenne in un periodo in cui il true crime era di gran moda. Come si giustificano queste tessere del puzzle con la sua implacabile voglia di risolvere omicidi e casi irrisolti?

Molto ha a che fare con le domande irrisolte della sua vita, da cui sta scappando, che la serie affronta brevemente, sebbene molte di queste siano lasciate senza risposta. C’è una domanda su sua madre e si ha un’idea del suo rapporto con il padre. L’intimità sembra esserci, ma non si tratta di un rapporto molto caloroso. Il fatto che sia in circolazione in un momento in cui gran parte della nostra vita si svolge su Internet e gran parte della nostra comunicazione passa attraverso di esso, le dà qualcosa dietro cui nascondersi. Le dona sicurezza in se stessa e nelle proprie capacità, le dà uno scopo. Gran parte della sua motivazione consiste nel non voler lasciare nessuno indietro, e questo suggerisce che potrebbe essersi sentita così in qualche momento della sua vita.

Incontra Bill Farrah (Harris Dickinson) attraverso un subreddit di true crime, e ben presto i due si innamorano. Ma alla fine si scontrano perché lei è più impegnata nel caso che nella loro storia d’amore. 

Anche se si sono incontrati con lo scopo di rintracciare un serial killer, credo che il divario fosse evidente fin dall’inizio. Quando si incontrano faccia a faccia per la prima volta alla fine del secondo episodio, c’è qualcosa di elettrico, e adoro quella scena per questo motivo. C’è tanta nostalgia in quei momenti di flashback, e sono pieni di emozioni, mentre il capitolo della vita di Islanda è guidato dal desiderio di trovare risposte e di scoprire chi è l’assassino.

Quindi non biasimo Bill. I capitoli nello Utah, quando sono a caccia di quell’uomo, sono pieni di amore e di intimità, e credo che Darby ne sia forse spaventata. Ha uno di quei cervelli in cui certe cose hanno senso per lei e altre no. E non ha ancora iniziato a capire cosa significhi amare qualcuno, per non parlare della persona con la quale si è coinvolti in questa fantastica avventura. La posta in gioco è quasi troppo alta.

La narrazione dell’Islanda è stata girata prima dei flashback, per cui ha vissuto la tragica scomparsa di Bill prima di rappresentare il loro primo incontro di persona, avvenuto sei anni prima. Avere quel trauma futuro in mente, si è rivelato utile quando ha girato i flashback molto più tardi?

Sì, è stato molto utile, contrariamente a quanto si possa pensare. Essere nel New Jersey per girare tutte quelle scene dell’hotel in Islanda ha permesso di capire cosa Bill significhi per lei, visto che ha fatto di tutto per cercare di trovare una risposta alla sua morte. E quando siamo andati nello Utah, è stato entusiasmante trovarsi in un ambiente così diverso da quello di un set in New Jersey. Lo Utah ti toglie il fiato, e ci ha riempito di questa voglia infantile di giocare e di vivere questa avventura.

C’è stato un momento incredibile quando stavamo girando la scena della tavola calda in cui Darby e Bill si incontrano per la prima volta, e Zal è venuto da me e mi ha detto: “Voglio che tu immagini che quando guardi Bill per la prima volta sai che sta per morire e che lo perderai”. Disse solo “azione” e poi fece: “Aspetta, aspetta, aspetta (ride, ndr)”. Poi è corso da me, mi ha dato questo spunto ed è scappato via. E io ho pensato: “Oh mio Dio, cosa?”. Ma era davvero un ottimo spunto perché esprimeva ciò che stavo percependo in quel momento, ed è per questo che amo così tanto quella scena. Lei sa che c’è qualcosa di pesante in quel primo incontro e che c’è qualcosa di struggente nel loro rapporto anche a quel punto.

Emma Corrin e Harris Dickinson in una scena di A Murder at the End of the World

Emma Corrin e Harris Dickinson in una scena di A Murder at the End of the World

Brit ha raccontato che uno degli scopi dei flashback è dimostrare al pubblico che questa giovane donna ha la capacità di essere un’efficace investigatrice nel presente.

Sì, perché molte persone avrebbero dubitato di lei.

Se avesse l’aspetto di Daniel Craig, nessuno ci penserebbe due volte. Ne è un esempio la scena della libreria. Appena si avvicina per leggere, la gente la giudica e se ne va finché non inizia a parlare di una donna morta. Come si è trovata a reinventare l’immagine di un investigatore privato?

Ho pensato che fosse una sfida molto divertente e sono molto grata che mi sia stata data la possibilità di farlo, perché reinventare questo personaggio è stata una cosa fantastica. Siamo circondati da questi detective uomini che risolvono gli omicidi in un modo molto tradizionale. Non importa quante volte la storia venga riproposta: al centro c’è sempre una persona uguale. È stata quindi una sfida meravigliosa, ed è stato importante per me non infondere il mio desiderio di reinventare quel personaggio con quello di Darby. La necessità che ha di risolvere i casi non dipende da questo. Viene da un luogo più profondo.

È molto raro che un attore reciti di fronte al proprio sceneggiatore, regista e capo. Com’era la dinamica tra lei e Brit?

È stato molto divertente. Adoro Brit. La adoro come regista e la adoro come attrice. Ha davvero un’aura serena sul lavoro. Mi ha insegnato molto su come un regista imposta il tono del set. Parla in modo molto calmo e sommesso e tutti la ascoltano immediatamente. È straordinario. L’energia di tutti si adegua alla sua, e la sua presenza è davvero irresistibile. È così presente anche come attrice, e questo mi ha stupito molto perché aveva così tante cose da fare contemporaneamente. Ho pensato che fosse una cosa fantastica che potesse lasciarsi andare a tutto questo. Poteva lasciare andare tutto ciò a cui doveva pensare come regista nella scena ed essere semplicemente Lee di fronte alla mia Darby e offrire un’interpretazione incredibile.

Hai mai chiesto a Brit o Zal l’ispirazione per quel mostruoso intruglio di Coca Cola e caffè?

È una stranezza divertente, no? La gente ama le stranezze dei protagonisti che mettiamo in primo piano in questi show e film. Se li infondi di stranezze, diventano sempre più amati, e quindi in parte è stato sicuramente questo. Poi si tratta anche di praticità. Se mescoli caffè e coca, in pratica è come bersi una tazza di Adderall, giusto? Rimarrai sveglio per un secolo, e questo fa sicuramente parte di Darby (in alcuni momenti vediamo anche Darby abusare del farmaco Adderall, soprattutto quando è consumata da un caso, ndr).

Lei tende al pragmatismo, cosa con cui anche Bill si scontra. Potrebbe prendersi un ottimo cappuccino d’avena, ma in realtà beve caffè e coca cola. Potrebbero anche trasformare questa avventura in una storia d’amore molto romantica, ma lei non ci riesce. Deve essere pragmatica. Deve avere i piedi per terra e sapere esattamente cosa sta facendo, e seguire una scia di cadaveri per arrivare a un serial killer ha molto più senso per lei dell’amore. Il che si riflette un po’ in quel drink.

Brit Marling in una scena di A Murder at the End of the World

Brit Marling in una scena di A Murder at the End of the World

Da quando avete girato il film nel dicembre del 2022, la questione dell’intelligenza artificiale si è intensificata a causa della minaccia che rappresenta per i mezzi di sostentamento dell’industria dell’intrattenimento e non solo. La sua prospettiva sull’IA è cambiata nel corso dell’ultimo anno?

Sì, le riprese dell’anno scorso sono state davvero inquietanti e anche le conversazioni che si sono svolte in quel periodo ci hanno fatto pensare: ‘Oh mio Dio, stiamo girando qualcosa di incredibilmente rilevante’. La discussione si evolve ogni giorno, ed è stato davvero incredibile. Sul set abbiamo avuto delle conversazioni a riguardo che ci hanno terrorizzato. Spero che il nostro show sia arrivato in un momento in cui possa costituire un avvertimento per quanto l’intelligenza artificiale possa sembrare utile nel modo in cui può accelerare il lavoro e offrire nuove soluzioni.

Zal ha affermato che la serie limitata è fondamentalmente il “nuovo pilot”, dato che in molte vengono sviluppate in ulteriori stagioni. Vorrebbe avere un’altra possibilità di interpretare Darby?

Mi piacerebbe molto interpretare di nuovo Darby. È il personaggio più intrigante da interpretare e sono cresciuta molto come attrice. Ho amato lavorare con Brit e Zal, quindi sì, lo farei. Questo non vuol dire che ci sarà altro. Non ho sentito nulla. Ma mi piacerebbe molto interpretarla di nuovo, ovviamente.

Non le chiederò del “pezzo da camera” (Deadpool 3) che sta girando, ma dopo mesi e mesi di inattività a causa dello sciopero, le ci è voluto un minuto per scrollarsi di dosso la ruggine?

Sì, davvero. È una domanda molto pertinente, perché è stato davvero così. Nelle ultime settimane mi sono sentito davvero a disagio. Non ho mai fatto una pausa così lunga da quando ho iniziato a lavorare. Sono stati cinque o sei mesi. Il primo giorno che sono tornata sul set, ero lì che pensavo: ‘Che diavolo sto facendo? Ho completamente dimenticato come funziona’. Ci è voluto un po’ di tempo per tornare a lavorare, ma avrei dovuto aspettarmelo.

Traduzione di Pietro Cecioni