La scalinata di Trinità dei Monti è stata protagonista di due grandi momenti di cinema quest’anno. La prima è stata a luglio, quando Tom Cruise e tutta la scintillante e adrenalinica squadra di Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno l’hanno utilizzata come fossero i gradini di Sanremo, presentando l’anteprima del film nella capitale e facendo svenire tre quarti delle persone che era andata ad assistervi – per l’emozione del blockbuster? Per i denti e il collagene perfetti di Cruise? O forse per i quaranta gradi sotto al sole della première, in piena estate, alle 16.30 del pomeriggio?
L’altro è stato quando, a metà settembre, Damien Chazelle l’ha scalata – al contrario, dal basso verso l’alto – per portare il figlio a scuola. “First day of school! Not a bad walk there…” scriveva su Instagram la moglie, Olivia Hamilton, produttrice e attrice impossibile da dimenticare nell’iconica parte in Babylon della regista dell’Hollywood classica. Occhi indiscreti lo avevano già beccato spostarsi su un Italo qualunque dalla stazione Santa Lucia dopo aver ricoperto il ruolo di presidente di giuria all’80esima edizione della Mostra di Venezia, fresco del Leone d’oro assegnato al Povere creature! di Yorgos Lanthimos.
DAMIEN CHAZELLE SI È TRASFERITO A ROMA?? L’IDEA CHE QUESTO A FEBBRAIO ACCENDE LA TELE E GUARDA SANREMO INSIEME A TUTT* NOI IMPAZZISCO pic.twitter.com/IuZrbFRc3c
— Lara_ 🜃 (@katepenniman) September 11, 2023
Che Chazelle si sia stabilito a Roma sembra essere certo, almeno per il momento. Non iscrivi tuo figlio in una nuova scuola, in una nuova città, se l’intenzione non è quella di restare. Anche perché i prezzi a Roma centro non scherzano, e meno male che ci arrivano a piedi alla scuola, dato che anche l’abbonamento mensile è diventato proibitivo. Le speculazioni sono varie ed eventuali. L’opzione più accreditata: la possibilità di girare un film in Italia. C’è da dire che Damien Chazelle il suo Otto e mezzo, e un po’ anche la sua La dolce vita, l’ha già fatto. È sempre Babylon, se scambiamo però il protagonista del film da regista a galoppino, e il fascino dell’uomo adulto e raffinato di Marcello Mastroianni con la frenesia e l’impaccio del tuttofare Manny di Diego Calva.
Sarebbe bello essere guardati attraverso l’occhio di uno dei registi statunitensi più europei degli ultimi anni, così ben inserito in un’idea industriale dell’apparato cinematografico che potrebbe dipingerci meravigliosi e sognatori come i suoi Mia e Sebastian, ripulendoci un po’ dell’immagine che Woody Allen purtroppo ha affibbiato all’Italia dai tempi di To Rome with Love. Ma dovremmo anche scendere a patti col fatto che la città eterna potrebbe non essere il Planetario prescelto per il prossimo La La Land di Chazelle, il quale forse non lo sa neanche che a Roma ne abbiamo uno tutto nostro verso Piazza Giovanni Agnelli presso il Museo della Civiltà Romana.
L’anima cinefila (e romana) di Chazelle
Un’altra ipotesi detta sottovoce, quasi sussurrata, è che Damien Chazelle si sia stufato di Hollywood. Che se ne sia voluto andare. Il motivo potrebbe essere la cattiva ricezione critica ricevuta dal suo ultimo capolavoro – perché noi, così, non abbiamo paura di chiamarlo. Permalosetto, qualcuno potrebbe dire. Ma il danno causato da Babylon è ingente economicamente e, supponiamo, emotivamente.
Il film ha segnato due record, uno per Brad Pitt e uno per Margot Robbie: è la peggior apertura per le due star da Una vita al massimo (1993) per il Jack Conrad dell’attore americano e da Amsterdam (2022) di David O. Russell per la Barbie di Greta Gerwig. L’incasso finale è stato di 63 milioni su di un budget da 78 milioni di dollari, che lo qualifica a tutti gli effetti come un irrimediabile e incontrovertibile flop.
Che la scintilla tra Roma e il cineasta sia nata a inizio anno, quando è venuto a presentare Babylon nella capitale? E che si sia magari consolidata col Bel Paese dopo la capatina al Lido di Venezia e la masterclass a Torino in cui, sempre nel 2023, ha ricevuto la Stella della Mole. In fondo Damien, hai già il tuo caffè preferito, La Buvette a Via Vittoria 44, dove ogni mattina vai a fare colazione. E anche i prossimi martedì sono occupati.
Infatti, dal 7 al 21 novembre, a cadenza settimanale, Chazelle terrà tre appuntamenti al Cinema Troisi a partire dalle ore 21.30, dove “consiglierà” agli spettatori tre generi agli antipodi – tra loro e dal suo cinema. Si parte con la nouvelle vague dall’esordio alla regia di Eric Rohmer, Le signe du lion (1962), alla sperimentazione dell’autore di origini lituane Jonas Mekas, per chiudere col neorealismo di Stromboli (1950) di Roberto Rossellini, con antipasto del documentario Isole di fuoco (1954) di Vittorio De Seta. Tre serate, tre momenti di incontro che potrebbero rendere ancor più solido di più il legame tra Chazelle e la città. Che poi per un film c’è sempre tempo: Cinecittà è dietro l’angolo.
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