Cinque lezioni dagli Emmy 2023: dalla tolleranza (quasi) zero verso la mediocrità all’impossibilità dei giurati di vedersi tutte le serie

Di cinquecento show candidati sono pochi ad aver dominato le principali categorie. C’è più televisione che mai, ma il membro medio della TV Academy non è in grado o non è disposto a consumarne più di quanto facesse in passato. L'analisi di The Hollywood Reporter

Quel che rende i risultati della 75esima edizione degli Emmy di lunedì 15 gennaio particolarmente interessanti è che arrivano alla fine di una stagione diversa da tutte le altre, in cui praticamente tutte le tradizionali tattiche promozionali per la campagna per gli Emmy – come stringere mani, baciare bambini, rilasciare interviste, apparire nei panel FYC, ecc. – sono state rimosse dall’equazione.

Anche durante le stagioni degli Emmy del 2020 e del 2021, che avevano subito l’impatto del Covid, i talenti avevano fatto conferenze stampa e apparizioni, anche se da remoto, che avevano indubbiamente influenzato le priorità di visione e di voto dei membri della tv Academy. Ma la stagione degli Emmy 2023 – le cui votazioni per le nomination si sono svolte dal 15 al 26 giugno e le votazioni finali dal 17 al 28 agosto – non ha avuto nulla di tutto ciò, almeno dopo lo sciopero della Writers Guild del 2 maggio, seguito da quello della Sag-Aftra del 14 luglio, che sono terminati solo il 27 settembre e il 9 novembre, rispettivamente.

Nella mente della Giuria degli Emmy

L’impressione è che le domande che si sono posti i votanti e che hanno portato alle nomination siano state le seguenti:

(a) Quali sono le piattaforme televisive su cui è facile tornare alla programmazione in corso e/o provare nuovi programmi?

Le risposte più comuni sono state senza dubbio HBO Max (con gli show di ritorno Succession, Barry e The White Lotus, e gli esordienti The Last of Us e House of the Dragon) e Netflix (con gli esordienti Beef – Lo scontro, Mercoledì, Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, The Diplomat, ecc.), che sono in testa a tutte le piattaforme per numero di nomination totali ogni anno.

Il poster con la vespa Piaggio di The White Lotus, seconda stagione

Il poster con la vespa Piaggio di The White Lotus, seconda stagione

(b) Quali altre società televisive hanno potuto permettersi di spiattellare ovunque i loro programmi – tramite pubblicità sulla carta stampata e online, cartelloni pubblicitari all’aperto, ecc. – al punto che alla fine è impossibile non dare un’occhiata anche a loro?

La lista comprende, tra le altre, Apple TV+ (Ted Lasso, Black Bird e Shrinking), Prime Video (La fantastica signora Maisel e Daisy Jones & the Six), Disney+ (Andor, Obi-Wan Kenobi e Elton John Live: Farewell from Dodger Stadium) e Hulu (Only Murders in the Building e Ecco a voi i Chippendales).

(c) Di cosa parlano le persone “cool” sui social media, la cosa che oggi si avvicina di più al distributore di bibite in ufficio?

Questo tipo di chiacchiere rifletteva certamente un interesse diffuso per alcune delle serie citate. Ma ha anche portato alla ribalta serie di alta qualità di piattaforme meno onnipresenti e/o ricche di fondi (ad esempio The Bear di FX, Yellowjackets di Showtime, Weird: The Al Yankovic Story di Roku Channel e Jury Duty di Amazon Freevee).

Jeremy Allen White in The Bear

Jeremy Allen White in The Bear

500 serie, tre vincitrici

Tutto questo riguarda le nomination. Ma come è possibile che lunedì 15 gennaio, in piena era della Peak Tv (cioè la tendenza alla produzione di massa per inseguire la necessità degli streamer di costruire cataloghi ricchi, ndr), con circa 500 serie sceneggiate attualmente in onda, siano state solo tre quelle che hanno dominato i premi?

Entriamo nello specifico. Succession ha vinto il premio per la miglior serie drammatica, la miglior regia di una serie drammatica, la miglior sceneggiatura di una serie drammatica e tre dei quattro premi per la recitazione (l’altro è andato a The White Lotus).

The Bear ha vinto il premio per la miglior serie comica, miglior regia di una serie comica, miglior sceneggiatura di una serie comica e tre dei quattro premi per la recitazione (l’altro è andato ad Abbott Elementary della ABC, l’unica vittoria per le Big Four, le quattro grandi reti televisive che ogni anno trasmettono a turno gli Emmy e promuovono ulteriormente la loro concorrenza). E Beef – Lo scontro ha vinto il premio per la migliore serie limitata/antologica, la miglior regia di una serie limitata/antologica, la miglior sceneggiatura di una serie limitata/antologica e due dei quattro premi per la recitazione in serie limitata/antologica (gli altri due sono andati a Black Bird e Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer).

Evan Peters nei panni di Jeffrey Dahmer

Evan Peters nei panni di Jeffrey Dahmer

Tante serie, poche seguite

La risposta è la seguente: anche se là fuori c’è più televisione che mai, il membro medio TV Academy non è in grado o disposto a consumarne più di quanto ne consumasse in passato.

Questo potrebbe non essere evidente, se si guarda il numero considerevole di programmi che hanno ottenuto almeno qualche nomination. Ma è più chiaro se si guarda al numero relativamente piccolo di serie sceneggiate che hanno ottenuto un numero sostanziale – cioè a due cifre – di nomination: le serie drammatiche Succession (27), The Last of Us (24) e The White Lotus (23); le serie comiche Ted Lasso (21), La fantastica signora Maisel (14), The Bear (13), Mercoledì (12), Barry (11) e Only Murders in the Building (11); e le serie limitate/antologiche Beef – Lo scontro (13) e Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer (13).

Questo è il nucleo di serie sceneggiate che la maggior parte dei membri della TV Academy ha guardato, almeno in parte, e che quindi sono state viste e apprezzate abbastanza da avere una reale possibilità di vittoria. Tolte queste serie, il sospetto è che ci sia un enorme calo nel numero di votanti che hanno guardato qualsiasi altra cosa.

Poca tolleranza verso la mediocrità

Una cosa che è cambiata è che, con così tanta televisione di qualità a disposizione dei votanti, la tolleranza verso la mediocrità è più esigua che mai. Molti criticavano la TV Academy perché premiava automaticamente le stesse serie anno dopo anno, anche dopo che i loro giorni migliori erano passati (vedi Modern Family).

Al giorno d’oggi, invece, se una serie inizia anche solo un po’ a trascinarsi, i votanti possono continuare a candidarla, ma la abbandonano rapidamente e passano a qualcos’altro nella votazione finale, per non tornare mai più, anche se la qualità della serie è migliorata. Credo che questo contribuisca a spiegare come tre beniamini degli Emmy degli anni passati – Ted Lasso, La fantastica signora Maisel e Barry – siano stati tutti eliminati lunedì 15 gennaio, nel loro ultimo anno di candidabilità (a differenza di Succession, la cui qualità non ha mai vacillato e che è uscito con una vittoria).

Better Call Saul

Better Call Saul

E a volte una serie non deve nemmeno trascinarsi per essere dimenticata. Trovo un po’ triste che Better Call Saul della AMC abbia terminato la sua ultima stagione di candidabilità senza alcuna vittoria, il che significa che ha finito la sua corsa con un inaudito 0 su 53, pur essendo, agli occhi di molti, altrettanto grande quanto la serie da cui è stata tratta, Breaking Bad della AMC, che era una beniamina degli Emmy.

Emmy, cosa è cambiato?

Cosa è cambiato nel decennio passato? È difficile dirlo. Può darsi che AMC non sia più una delle poche reti a cui gli elettori danno la priorità, per qualche motivo (molti hanno perso la pazienza per le interruzioni pubblicitarie, e questo potrebbe essere un fattore).

Una parte dei votanti potrebbe aver scelto di abbandonare la serie dopo che non era riuscita a vincere in precedenza, preferendo rimanere aggiornati sulle serie vincenti. Oppure potrebbero essere successe molte altre cose. Ma Better Call Saul è il definitivo promemoria – e ammonimento – del fatto che, contrariamente a quanto si crede, gli Emmy non premiano le migliori serie tv. Piuttosto, gli Emmy premiano i migliori show televisivi che 23mila persone provenienti da 31 diversi settori dell’industria potrebbero convincersi a guardare.

Traduzione di Nadia Cazzaniga