I 10 podcast al maschile che tutti devono ascoltare (almeno una volta). Video don’t kill the Pod Star

Dal maestro Pablo Trincia a sua maestà Barbero, un manuale che potrebbe aiutarvi a scegliere nel mare magnum dei contenuti di un format in ascesa. Perché ormai scegliere chi ascoltare è più difficile che indovinare la serie tv giusta sulle piattaforme

Le Top 10 sono delle trappole clamorose. Pretendere di incastonare la storia di un media – per quanto giovane come il podcast e i suoi contenuti original – dentro 10 titoli è un atto di presuntuosa incoscienza. Terribilmente soggettiva, peraltro. Ma può aiutare (e vi invitiamo a farlo) a stilarne altre 10, 100 o 1000 di queste classifiche per scoprire contenuti nuovi, avvincenti, irresistibili. Per entrare insieme in un mondo in cui il racconto di vite, eventi, pezzi di carriera o di Storia, diventano il (pre)testo su cui poggiare il proprio immaginario, ricostruirlo, a volte riscoprirlo e spolverarlo e sottrarlo alle falle della memoria individuale e storica. Il podcast sta diventando un nuovo luogo di incontro tra autori e ascoltatori mai passivi, una piazza virtuale, digitale in cui uno prende una sedia, racconta, svela, a volte ribadisce e basta ciò che ritiene valga la pena ricordare e raccontare. E attorno a lui aumentano più o meno velocemente coloro che quelle storie vogliono sentirle proprie. Un racconto attorno al fuoco, a volte un club del libro e perché no un gioco di ruolo, in cui fatti di cronaca, vite eccezionali, momenti storici fondamentali e altri che non sapevamo lo fossero si incontrano tra la mano di chi scrive, la bocca di chi legge, le orecchie di chi ascolta.

Non c’è l’enciclopedica pretesa di un compendio esaustivo, ma solo il tentativo di individuare 10 titoli che non vi deluderanno. Ricordando una cosa importante: di buone idee ce ne sono tante, di ottime realizzazioni poche. E un ascolto così attento come quello che pretende il podcast necessita di una tecnica perfetta – nessun rimbombo, nessuna imperfezione -, di una voce che ti accompagni e tiri a sé quando necessario, di un argomento avvincente e trattato con profondità orizzontale e verticale. Abbiamo scelto quasi tutti podcast che possono essere ascoltati gratuitamente (magari su YouTube e Spotify), anche se il lavoro va sempre pagato. E un abbonamento a Audible e affini è cosa buona e giusta.

1. Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps

Di Pablo Trincia (Chora Media/Sky disponibile anche su Spotify).

Pablo Trincia non è un giornalista, un podcaster, uno storyteller. Pablo Trincia, ormai, è un genere che unisce inchiesta, cinema e letteratura nella sua voce. Il lavoro su Elisa Claps possiamo definirlo il “suo” solito capolavoro: lucido, sferzante, preciso, documentato, capace di collegamenti e trovare fonti che ad altri sarebbero preclusi, una chiarezza d’esposizione e un coraggio espressivo giornalistico rarissimi. Se dobbiamo sforzarci di portarvi nel suo mondo vi suggeriamo un (altro) poker di titoli: Buio, empatico e vibrante; Le guerre di Anna sulla storia incredibile e bellissima e sconvolgente di Anna Prouse, un racconto grandioso, intimo e globale; Megalopolis, innovazione clamorosa nel mezzo, con l’arrivo della distopia fantarealista. E infine ovviamente lo storico capostipite che ha cambiato la storia del podcast in Italia, Veleno (con Alessia Rafanelli). Un’inchiesta che gli è costata molto a livello umano che ha raccontato un traffico di esseri umani atroce, che ha coinvolto Stato, medici e genitori incolpevoli, accusati, per interesse, addirittura di essere dei pedofili satanisti.

2. Oltre il confine

Di Matteo Caccia (Audible Original).

Matteo Caccia è un altro fuoriclasse del podcast d’inchiesta. Se Trincia è la Pixar, lui è Dreamworks (non a caso il primo ha fatto lo splendido Il dito di Dio e il secondo il perfetto Il mondo addosso, entrambi sulla tragedia della Costa Concordia). Tra i suoi migliori La piena – Il meccanico dei Narcos, Don’t tell my mom (persone comuni che raccontano storie mai svelate in 5 minuti), L’isola di Matteo (su Messina Denaro). Ma il capolavoro è Oltre il confine, la storia di Karim Franceschi, l’italiano che ha difeso Kobane, ha costituito una brigata internazionale nei territori occupati dall’ISIS e infine ha pure riconquistato Raqqa. Il modo in cui Caccia lo intervista, lo racconta, ne integra persino i pensieri, con discrezione e competenza, è una lezione di giornalismo d’inchiesta e di come si fanno le interviste. Narrativamente è pazzesco come riesca a proporcelo (più ancora del protagonista nei pur bei libri che ha firmato: Il combattente e Non morirò stanotte) in controtempo. Goliardico, leggero in guerra, riflessivo e infelice quando torna a casa, a Senigallia.

3. Indagini

Di Stefano Nazzi (Audible e Il Post).

Il podcast di successo è quello che rompe le abitudini, che ti costringe a seguire il suo flusso e non il contrario. Altrimenti è un buon companatico per il tuo cervello e poco più. Ecco, Stefano Nazzi ha preso uno dei mezzi più moderni e al contempo classici (in fondo il podcast è un figlio della radio e delle trasmissioni monografiche dei palinsesti più “impegnati”) e lo ha piegato a una periodicità che nessuno poteva immaginare. Anche altri hanno appuntamenti fissi, di solito settimanali, ma pochi hanno avuto la capacità di diventare proverbiali. I Nazzers aspettano il primo del mese più dei lettori di Julia di Giancarlo Berardi, attendono Indagini come un oracolo e persino con un hashtag di discreto successo (#IndaginiDay). “Io mi chiamo Stefano Nazzi, faccio il giornalista da tanti anni. E nel corso della mia carriera mi sono occupato di tante storie come questa, quelle che nel tempo vi sono diventate famigliari e altre che potreste non aver mai sentito nominare” e ormai l’incipit più ricordato a memoria dopo “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”.

Lui le racconta, quelle storie, andando oltre, letteralmente. Il delitto è il punto di partenza, Nazzi con una prosa alla Truman Capote, secca e sobria, senza aggettivi ridondanti e con tante informazioni, ci porta al “dopo”. Ripercorre le tappe delle indagini, il comportamento dei media media, come si sono influenzati l’une con l’altro e viceversa, gli errori degli inquirenti, dei giudici, le grandi intuizioni risolutive. Tu senti Nazzi e ti rendi conto di che abisso sia la giustizia italiana, un terno al lotto, e al contempo, naturalmente, senti addosso la banalità del male. Nazzi, con il suo viso da noir americano, tutto si aspettava tranne che diventare una star dei podcast. E di avere dei meme a lui dedicati. Grazie Stefano Nazzi, che hai rivoluzionato il genere True Crime in questo campo quando pensavamo di esserci stufati.

4. Seveso. La Chernobyl d’Italia

Di Matteo Liuzzi e Niccolò Martin (Audible Original).

Tanto è stata coperta, la vicenda di Seveso, da una coltre di silenzi, menzogne, depistaggi ben più fitta di quella nube di diossina che coprì il paese quel giorno del 1976 in cui un’esplosione squarciò la fabbrica dell’ICMESA, tanto ora è raccontata. Ci saranno almeno quattro o cinque podcast che ne parlano, ma questo, che parte dal ritrovamento di un Archivio Speciale nella controparete di un ufficio pubblico esattamente 30 anni fa, è il migliore. Letto da Massimo Polidoro resiste alla tentazione di complottismi facili, unisce i puntini con grande abnegazione e serietà, azzarda tesi solo quando ha più indizi e sempre avvertendo delle fonti, persino della credibilità (con eleganza) di testimoni e intervistati. Un passo indietro ma comunque ottimo Il disastro di Seveso – Mangiafuoco sono io di Raiplaysound, più sintetico e divulgativo, meno d’inchiesta.

5. La città dei vivi

Di Nicola Lagioia (Chora Media e Audible).

Altro esperimento rivoluzionario. Mentre i portali dei podcast si riempivano di audiolibri, l’ex direttore del Salone del libro di Torino, nonché uno tra gli autori più importanti della sua generazione, scrive La città dei vivi, un libro capolavoro e seminale per la sua epoca, sul delitto più inspiegabile, assurdo, lacerante per il tessuto sociale e le nostre illusioni collettive su chi (e dove e come) siamo: l’assassinio feroce di Luca Varani, a Roma, nel 2016. Lagioia intuisce che non va indagata quella follia condita da stupefacenti, crisi di identità, un sodalizio malato. Non solo. Bisogna avere il coraggio di percorrere il vuoto pneumatico di quelle anime attraverso le lenti di una città che da anni è apocalittica e disintegrata, quasi orgogliosa della sua decadenza, indifferente alla propria grandezza, anche nella meschinità. Il lato (ancora più) oscuro de La grande bellezza, un racconto che ti porta dentro il ventre molle della Capitale fino a farti sentire a disagio, con Nicola Lagioia impeccabile Virgilio che non ha paura di sporcarsi le mani, di guardare il buco nero. Il podcast è una sorta di director’s cut, di espansione del già bellissimo libro, un’aggiunta di voce, emozione, riflessioni che va oltre le pagine. E rende questo “radiodramma” modernissimo, un prodotto indipendente e potente. Da ascoltare dopo aver letto il libro.

6. Dicono di te

Di Malcom Pagani (Chora Media e Tenderstories, Audible e Corriere.it).

Probabilmente il miglior intervistatore su piazza da diversi anni, con un gusto elegante e raffinato nel raccontare le vite altrui con grazia e curiosità. Succedeva quando scriveva sui quotidiani, è accaduto nel bellissimo libro Se vuoi provarci, fallo fino in fondo. Claudio Ranieri – Storia di un vincente (ed. Rizzoli) ed era sorprendente che questo talento quasi sovrannaturale non fosse ancora atterrato nel mondo dei podcast. Dicono di te è Gianni Minà che incontra Lello Bersani passando per Arbasino, è un giornalista che va nelle case (o li invita nella sua) di artisti per confessarli, è un appuntamento settimanale maieutico per chi viene interrogato così come per chi ascolta e a volte persino per lui. Perché Pagani si mette in gioco, condivide, empatizza, ma non dimentica mai la direzione che ha immaginato per la sua chiacchierata, senza che però questo tiranneggi la stessa. Se il vento impetuoso di una confidenza, di un aneddoto fa cambiare la rotta, lui al timone asseconda il cambiamento, sapendo che saprà ritrovare la strada.

A volte ti chiedi perché non stia facendo quella specifica domanda. E lei arriva, al momento giusto, senza impazienza. Dicono di te ha poi le sue madeleine ricorrenti – la nostalgia per il passato, l’insofferenza per il politicamente corretto, Carmelo Bene – e ti cattura anche quando pensi che il talent scelto non ti possa interessare. Lì sarà il momento in cui ascolterai con più attenzione. L’aneddoto di Sabrina Impacciatore che scopre di essere stata presa a White Lotus saprà farvi ridere e un po’ piangere, Giovanni Veronesi è di un’onestà intellettuale e morale spiazzante, Tommaso Paradiso ti fa venire voglia di risentire Promiscuità e Completamente, perché ora ci credi, Valeria Golino ti fa innamorare, Marco Risi è un viaggio speciale. E sono solo alcuni esempi. Perché Malcom Pagani nelle sue scelte non pesa i follower, la possibilità di uscire sulle agenzie, la notorietà del personaggio. Ma essendo uno che ama le storie, le ascolta e le racconta da sempre, e le ha tirate fuori a centinaia, forse migliaia di persone, sa scegliere chi le racconta meglio.

7. Muschio selvaggio

Di Fedez e (almeno fino a febbraio 2023) Luis Sal.

Centoventisette puntate, sei stagioni, un paio di chiari riferimenti statunitensi nella sua genesi, uno degli esperimenti più intelligenti degli ultimi anni. È il Maurizio Costanzo Show che incontra Fazio, ma il tutto sotto acidi. Fedez, prima con Martin e Luis Sal (non saremo ipocriti, mancano) poi con Davide Marra (alla prima puntata non gli avresti preconizzato una lunga permanenza, ora invece sembra lì da sempre: meno spieghini, però) invita grandissimi nomi, ma anche sconosciuti che hanno avuto buone idee (di solito imprenditoriali) e fa l’utile ignorante – tranne che sulla criminalità organizzata, lì non ce la fa, sa tutto, chiedete a Saviano (bellissimo e completo il suo Maxi. Lo stato contro cosa nostra su Audible) e Gratteri – e affronta ogni tema e personaggio con la spregiudicatezza di chi da anni se ne frega del giudizio altrui, una preparazione che nasconde dietro domande apparentemente elementari, la capacità di immedesimarsi nello spettatore medio. Il risultato è che tutti si raccontano, e tanto.

Michela Murgia svelò il suo amore per il pop coreano, con Sick Luke si parlò di orologi, con Ghali del dissing da giovani proprio con Fedez e de Il Pagante come ispiratore, ogni volta si esce dalla puntata con qualcosa di nuovo e a volte dirompente, con una gaffe di Fedez che fa parlare per 10 giorni i giornali e i siti e ci dice che almeno mediatamente lui è il nuovo Adriano Celentano, un genio che si fa passare per re degli ignoranti (un sogno perverso: un podcast di Celentano intitolato Asso). Proprio nell’ultima puntata Morgan (a proposito il suo podcast Ikaros – Le ali di cera del rock è un gioiello, non perdetelo se amate la musica) – geni entrambi, dopo le polemiche, a farsi un’ora insieme senza rete – ha raccontato di tutto, descrizione del suicidio del padre compreso. A volte il buon Federico esagera, parla troppo, ma la chimica che crea con chi entra nello studio fa sempre succedere qualcosa. E pensare che tutto è partito con Bello figo e la nonna di Federico Lucia. E ora Morgan ti racconta che nel momento più difficile, in cui fu cacciato da X Factor e gli proibirono di andare a Sanremo reagì andando a casa di Celentano (appunto) e guardando il Festival con lui. “Insultando tutti”.

8. Testa a testa

Di Pierluigi Pardo (Audible Original).

Un racconto gustoso – in tutti i sensi – e curioso degli antagonismi storici di culture e realtà urbane a confronto, a partire da Roma vs. Milano. La voce e l’intuito e il carisma di Pierluigi Pardo si impasta con la traccia scritta da Angelo Carotenuto, un maestro del racconto visivo, della riflessione originale e antropologica sul nostro mondo, tra i pochi capaci a rendere fisico il metafisico, e viceversa. Cultura, cibo, stili di vita, attitudini mentali, morali, intellettuali vengono setacciati dallo sguardo vivace di questi due geniacci e giornalisti che i derby li conoscono bene perché hanno prestato penna e voce allo sport, che in fondo questi scontri, questi amori e odii mescolati tra loro, li hanno sempre sintetizzati meravigliosamente (e a volte terribilmente). Una lente d’ingrandimento qui rimasta sullo sfondo ma che sicuramente fa parte del loro alfabeto sentimentale. Un garbato, deciso, a volte divertito e spesso arguto racconto di chi siamo attraverso le fragilità dei nostri campanili, un’affermazione d’identità che amiamo più di ogni altra.

9. Io sono il cattivo

Di Giampaolo Musumeci (Radio 24 e Audible).

Giornalista, fotografo e scrittore, Musumeci è un artista del ritratto. Io sono il cattivo è una delle più belle trasmissioni radiofoniche degli ultimi anni che era già, naturalmente, un podcast, nasce per essere l’ibrido perfetto tra i due mezzi, tanto da esistere solo in formato audio digitale. Dalla Calabria più profonda all’Africa dei bambini soldato, passando per un anchorman brasiliano che è talmente schiavo della tv del dolore da procurarlo fino all’orrore dei Balcani, ci ha regalato una collezione di storie lunghe mezz’ora dove ripercorre le incredibili vite dei più grandi cattivi della storia moderna. Un album di famiglia del Male che ne analizza e narra i dettagli più importanti, senza farsene mai sedurre ma neanche volendone moralisticamente ignorare l’esistenza. Un lavoro certosino di ricerca e di equilibrio nel racconto, per ritmi, tempi e scelta dei protagonisti. Romanzo criminale.

10. Lost in The Space – Storie di cinema

Di Giorgio Viaro (The Space Cinema).

Siamo una testata che si occupa prevalentemente di cinema e non potevamo non segnalare uno dei più interessanti esperimenti in merito (ce ne sono tanti di cinepodcast, ma con un alto livello di dilettantismo tecnico e spesso eccessiva autoreferenzialità). Lost in the space ha tanti aspetti interessanti: la capacità del narratore di essere anche spettatore (e un po’ ascoltatore di se stesso), così da parlare con profonda competenza senza la necessità di creare quel linguaggio criptico e respingente di molti colleghi. Eccolo, diciamolo, Nanni Moretti non gli si presenterà mai in sogno a Giorgio Viaro chiedendogli conto di una recensione. Divulgazione, curiosità, capacità di legarsi all’attualità per tornare indietro e guardare anche al passato, Lost in the Space ha la fluidità del racconto breve (non supera mai i 20 minuti, si attesta spesso sui 15) e il divertimento di chi, prima o dopo la proiezione, si ferma a parlare con l’amico del film appena visto. Un compagno di viaggio per cinefili e appassionati (ma non solo), che – suggeriamo – andrebbe mandato al posto degli insopportabili blocchi pubblicitari e di trailer di mezz’ora che ci massacrano nelle multisala prima di una visione. Finirebbe che molti pagherebbero il biglietto per il podcast e non per il film.

Bonus Track

Qualsiasi cosa faccia Barbero. È il Vittorio Gassman della Storia. Come l’attore riusciva a far diventare epico e aulico un menù (“giovedì gnocchi, domenica trippa!”), lui riesce a trasformare ogni vicenda del passato in un’appassionante racconto. Quando lo senti parlare, pensi che ogni anno, ogni società o guerra raccontate da lui meriterebbero 10 stagioni di una serie blockbuster. Chiedilo a Barbero.