Così un gatto distopico e cyberpunk ha lasciato lo zampino a Venice Immersive

Complex 7 e My Name is 090, in concorso alla sezione VR della Mostra del Cinema, sono derivazioni del gioco indie Stray della BlueTwelve. Tra alieni, cagnolini robotici e ambienti post-apocalittici

A Venice Immersive, Stray ci ha lasciato lo zampino. Quest’anno, al Lazzaretto Vecchio, nella sezione dedicata alla realtà virtuale della Mostra del Cinema di Venezia, si è sentita l’influenza di uno dei videogiochi indie più interessanti della scorsa stagione. 

Sviluppato dallo studio BlueTwelve e pubblicato da Annapurna (che ora è al lavoro su un film animato del gioco, nonché a un titolo di Blade Runner), Stray è stata una piccola perla a ridotto budget che ha certamente appassionato il pubblico, poiché ha sconvolto il classico punto di vista, mettendo i giocatori e le giocatrici nei panni – anzi nella pelliccia – di un gatto, in una cornice distopica e cyberpunk. 

Tra le opere in concorso a Venice Immersive – definita dallo stesso direttore del festival Albero Barbera come un “successo”Complex 7 e My name is 090 hanno esibito questa loro fonte di ispirazione in modo più o meno palese. 

Stray

Complex 7

La prima opera – un cosiddetto “mondo” di VR Chat: un ambiente complesso costruito attraverso alcuni programmi e che permette agli utenti della “piazza” di incontrarsi e passare del tempo in compagnia – è stata creata proprio basandosi sul primissimo trailer di Stray uscito. Questo ambiente virtuale, creato dall’artista di Las Vegas Luan Trinh (in arte Fins), non è infatti come le altre produzioni VR che ha partecipato a Venezia 80.

Non c’è una storia esplicita, al contrario è tutto nascosto nei dettagli dell’ambientazione, liberamente esplorabile: una modalità di storytelling più sottile e che richiede certamente più maestria nella composizione. L’autore, il giovane Fins, in questo è abbastanza conosciuto. Durante la prova del mondo al Lazzaretto Vecchio, delle guide turistiche “armate” con un visore per la realtà virtuale ci hanno mostrato l’ambientazione e il lavoro dell’artista, ognuno con il proprio avatar. Proprio come se fosse un classico museo. 

Alti palazzi, robot e neon a ogni angolo di un quartiere periferico lasciato a se stesso. E poi ritagli di giornale per terra: c’è stata un’epidemia, poi sono arrivati gli alieni. Blocchi di contenimento, tubi che gocciolano e cartelloni pubblicitari invasivi. In Complex 7 si sente il cyberpunk, e – soprattutto – si sente Stray.

Fins, nella piazza virtuale, ha anche uno stile riconoscibile per gli appassionati: crea luoghi che hanno tutta l’aria di essere stati vissuti. La sua mano toglie quella asetticità scenografica che rende moltissimi livelli creati al computer meno “veri”. “Direi che mi piace creare spazi vissuti dalle persone, mi fa stare bene. Quando ho scoperto di VRChat su YouTube sono rimasto sorpreso: potevo finalmente creare mondi e renderli disponibili a chiunque”, ha raccontato Fins in un’intervista a The Hollywood Reporter Roma.

My name is 090

My name is 090

My name is 090

Dall’altra parte, My Name is 090 (realizzato da Siyeon Kim) utilizza un’ambientazione post-apocalittica – con alcuni toni cyberpunk – per raccontare la storia di un solitario cagnolino robotico in un cortometraggio animato gradevole, ma poco chiaro. Un concept interessante, che purtroppo ha avuto un’esecuzione decisamente sottotono. La scrittura è poco incisiva, e le inquadrature – alla fine della fiera – non lasciano molto agli spettatori se non la somiglianza con Stray, che cannibalizza completamente il contenuto del cortometraggio. 

Il videogioco di Bluetwelve, non presente a Venice Immersive, ha comunque fatto sentire la sua influenza a la sua piccola eredità. Una influenza che connette direttamente il mondo del Lazzaretto con il poliedrico mondo dei videogiochi, e che nella cornice della Mostra del Cinema è certamente un segnale di buon auspicio nel considerare questo medium come un’arte in tutto e per tutto, con influenze, movimenti e grammatica. 

Che My name is 090 non vincesse niente era abbastanza annunciato. E per quanto riguarda Complex 7, alla fine della fiera, non c’è stato molto da fare. Essendo un’opera meno immediata e molto legata all’ambiente di VR Chat, alla fine non ha visto neanche una statuetta. Nella competizione è infatti molto difficile emergere per queste tipologie di opere. I mondi a Venice Immersive, per quanto interessanti, non vincono mai.