Coup!, la lotta di classe ai tempi dell’epidemia (di spagnola): “Il nostro mondo è in un mare di guai”

"A Hollywood si approfittano della nostra gentilezza e ragionevolezza: le vere rivoluzioni sono brutte, sporche e cattive", raccontano a THR Roma i protagonisti del film di chiusura delle Giornate degli Autori, Billy Magnusse e Peter Sarsgaard

“Dove sono finite le patatine?”. Billy Magnusse, t-shirt e pantaloni bianchi, si preoccupa dell’essenziale. Lui e Peter Sarsgaard, in total black, sono arrivati alla fine di una giornata di interviste. Un paio di birre sul tavolo e una busta di chips per rendere il tutto più informale. Quella con THR Roma è l’ultima prima dell’anteprima stampa di Coup!, film di chiusura fuori concorso alle Giornate degli Autori, diretto da Austin Stark e Joseph Schuman e ambientato nel 1918, nel pieno dell’influenza spagnola.

Un giornalista progressista (Magnusse) e sua moglie (Sarah Gadon) sono barricati nella loro tenuta al mare. La coppia decide di assumere un cuoco, Floyd (Sarsgaard), la cui origine è misteriosa. Quando l’epidemia dilaga anche su quell’isola, la famiglia e il personale si ritrovano tagliati fuori dal mondo e, come naufraghi, lottano per la sopravvivenza. Floyd cerca di sfruttare la situazione, convincendo i suoi compagni di lavoro a ridiscutere incarichi e mansioni. Lo scopo è di prendere il comando della villa.

Una scena di Coup!, il film di chiusura delle Giornate degli Autori

Una scena di Coup!, il film di chiusura delle Giornate degli Autori

“È una storia molto ovvia da raccontare. La disparità tra gli ultra ricchi e gli ultra poveri. Alcune delle statistiche che si leggono come, ad esempio, la quantità di denaro che si consolida nelle mani di una sola persona, dimostrano che questo mondo ha un problema enorme. Un divario gigantesco” sottolinea Sarsgaard, che riflette anche su quanto questa disparità sia particolarmente sentita negli Stati Uniti.

“L’ipocrisia della struttura di classe ha bisogno di essere smascherata. Mi sembra molto americana. Penso all’Europa, che ha una grande rete di assistenza sociale. I bambini possono andare in una scuola decente. E tutti hanno accesso alle cure mediche. Negli Stati Uniti, è come se: ‘Se sei ricco i tuoi figli andranno in una buona scuola. Se sei ricco avrai un buon medico’. Mi fa venire voglia di fare come Floyd e iniziare a buttare giù le porte a calci”.

Entrambi gli attori sono anche produttori esecutivi di Coup!. “È un momento di rinascita per i film indipendenti, soprattutto alla luce dello sciopero per il quale si sta battendo il nostro sindacato”, racconta Magnusse. “Il nostro è un film d’epoca. Il budget per realizzarlo era piccolo. Tutti vogliamo trovare una soluzione. Ma le soluzio le trovano le persone, non i soldi”.

Una scena di Coup!

Una scena di Coup!

Impossibile non pensare allo sciopero che da mesi blocca Hollywood e le piattaforme e che sta mettendo in difficoltà la programmazione dei festival cinematografici autunnali. Iniziando proprio da Venezia 80, dove molte star non hanno voluto accompagnare i loro film. “Cosa speriamo per il futuro dell’industria cinematografica? Che tutti si prendano una fetta della torta – dice  Magnusse – Non c’è motivo per cui la torta debba essere tagliata in modo così strano. Creiamo un senso di comunità, piuttosto. Come dovrebbe essere”.

“Siamo tutti d’accordo che un attore è una persona, e uno sceneggiatore è una persona – incalza il collega – Penso ai francesi. Quando scioperano perché la spazzatura invade le strade, sono molto più duri di noi. Dovremmo essere un po’ più rudi. Non avvertire la gente e dire: “Ok, ci penseranno i sindacati”. Ci sono 40 produzioni a Los Angeles che improvvisamente sono state fermate, ma loro si approfittano della nostra gentilezza e ragionevolezza. Le rivoluzioni, quelle vere, sono brutte, sporche e casttive”.

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