Ruby Barker, attrice di Bridgerton: “Nessun aiuto dalla produzione dopo i miei problemi di salute mentale”

"Era un ambiente davvero angosciante", afferma l'interprete, nella serie nel ruolo di Marina Thompson. Dopo le riprese è stata ricoverata per circa un anno, senza poter parlare delle sue crisi psicotiche

L’attrice di Bridgerton Ruby Barker ha raccontato di aver avuto due crisi psicotiche a causa della serie. In un’apparizione al The Loaf Podcast dell’Università di Oxford, Barker ha rivelato che la serie di Netflix – basata sulla sui romanzi di Julia Quinn – le ha causato problemi di salute mentale che sono stati tenuti nascosti per non danneggiare lo show prima della sua prima messa in onda nel dicembre 2020.

Barker interpreta Marina Thompson, un piccolo ruolo della prima stagione. “Mi stavo deteriorando”, ha spiegato l’attrice. “Era un ambiente davvero angosciante per me, perché il mio personaggio era molto alienato, molto ostracizzato, da solo, in circostanze orribili”. L’attrice ha raccontato che la sua prima crisi è arrivata una settimana dopo la fine delle riprese della prima stagione. È stata ricoverata in ospedale per circa un anno e quando è uscita la serie stava per debuttare.

Il ricovero e il successo inaspettato

“Non una sola persona di Netflix, non una sola persona di Shondaland (la produzione), da quando ho avuto due crisi psicotiche a causa di quella serie, mi ha contattato o mi ha mandato un’email per chiedermi se stessi bene o se mi servisse un qualche tipo di assistenza o supporto”, ha continuato. “Nessuno”. Quando è tornata alla sua vita di tutti i giorni, dopo il ricovero in ospedale, Barker ha notato che il suo pubblico su Instagram stava crescendo e che aveva sempre più impegni di lavoro legati a Bridgerton.

“La mia vita stava cambiando drasticamente da un giorno all’altro, eppure non c’era ancora nessun supporto, e non c’è mai stato in quel periodo”, ha aggiunto. “Cercavo di comportarmi come se fosse tutto a posto”. Nel corso del podcast, Barker ha parlato della pressione che ha sentito su di sé per fingere che non ci fosse nessun problema. “È quasi come se avessi avuto una sorta di metaforica pistola invisibile puntata alla testa durante la promozione della serie”, ha affermato, “Non volevo rovinare le cose perché rischiavo di non lavorare mai più”.

The Hollywood Reporter ha contattato Netflix e Shondaland per un commento, senza ricevere ancora risposta.

Traduzione di Pietro Cecioni