La zona d’interesse: la vera storia di Aleksandra Kołodziejczyk, la donna della resistenza a cui Jonathan Glazer ha dedicato il suo Oscar

Scomparsa nel 2016 ha raccontato la sua vita tra diari e lettere conservate dall'associazione polacca Stowarzyszenia Auschwitz Memento: contrabbandava cibo, medicine e messaggi ai prigionieri del campo. "Alla sua memoria, alla sua resistenza va questo premio", ha detto il regista. Che la incontrò poco prima che morisse: "Lei è l'unica luce del film"

“Il modo più semplice per aiutare i prigionieri nel campo, era farlo nel campo. Dove non era possibile portare cibo o medicine durante il giorno, siamo andate di notte”. Avrebbe potuto parlare, nel buio, la ragazza sporcata di luce ne La zona d’interesse. Filmata in negativo con una camera termica, su uno sfondo nero opaco, quella giovane sovversiva che nasconde i frutti nel fango è esistita davvero e ha raccontato la sua vita tra diari e lettere, con cura conservate dall’associazione polacca Stowarzyszenia Auschwitz Memento.

“Alla sua memoria, alla sua resistenza dedico questo premio”, ha detto il regista Jonathan Glazer nel suo discorso di accettazione del premio Oscar per il miglior film internazionale, ricordando Aleksandra Kołodziejczyk, “la ragazza che brilla nel film, come nella vita”.  Con il suo nome Glazer ha risposto alla domanda “Come possiamo resistere?” che nel suo discorso invitava a guardare a quello che sta succedendo oggi nel mondo.

Aleksandra è “l’unica luce” del film, aveva raccontato Glazer alla vigilia dell’uscita del film negli Stati Uniti, il 15 dicembre 2023. L’unica luce in contrasto con quella “disumanizzazione” che il regista ha citato nel suo discorso durante la cerimonia degli Oscar e che è diventato un nuovo terreno di scontro tra Israele e Palestina.

“Rifiutiamo che il nostro essere ebrei e l’Olocausto vengano strumentalizzati da un’occupazione che per tante persone innocenti ha portato al conflitto, siano esse le vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza”, ha poi detto il regista al Dolby Theater prima di rendere omaggio alla donna polacca. Da quel momento sui social media si sono scatenate diverse reazioni, gli elogi dai sostenitori del cessate il fuoco a Gaza, le critiche di chi dice che il regista sta rifiutando il suo essere ebreo.

La Zona d'interesse

Una scena di La zona d’interesse – I Wonder Pictures

Nata a meno di sei miglia da Auschwitz

Kołodziejczyk è nata nel luglio 1927 a Brzeszcze, una città a meno di sei miglia dal sito del campo di Auschwitz II-Birkenau. Suo padre era un geometra nella miniera locale e sua madre contribuì a fondare l’ospedale della città. La resistenza era una cosa di famiglia: il suo bisnonno aveva combattuto nella rivolta del gennaio 1863, quando i nazionalisti polacchi affrontarono gli occupanti zaristi russi, senza successo. “Era un patriota polacco e cercava di educare i suoi figli in questo spirito”, ricorda Kołodziejczyk in una pagina pubblicata dalla Stowarzyszenia Auschwitz Memento.

Nell’aprile 1940, l’esercito tedesco che occupava la città saccheggiò la miniera dove lavorava il padre di Kołodziejczyk, catturandolo insieme ad altri funzionari polacchi. Furono trattenuti dalla Gestapo per due settimane prima di essere trasferiti al campo di concentramento di Dachau. “Le condizioni erano terribili: i prigionieri venivano costretti a lavori manuali pesanti e nutriti con una fetta di pane al giorno e un brodo sottile fatto di foglie di barbabietola e grano saraceno”, racconta. “La loro fame era tale che rosicchiavano la corteccia degli alberi, un giorno trovarono un topo nella pentola della zuppa e i prigionieri ci si lanciarono sopra immediatamente”.

Alla fine, suo padre fu rilasciato. “Per la prima volta nella mia vita, svenni quando lo vidi”, ricorda lei. “Sembrava un fantasma. Solo pelle e ossa. Era entrato nel campo pesando 89 kg e quando tornò ne pesava solo 32”.

Stowarzyszenia Auschwitz Memento

Vivere accanto allo sterminio

Nel 1941, i nazisti avevano iniziato la costruzione del complesso di Auschwitz. I campi erano più di 40, incluso il campo di sterminio, Auschwitz II, accanto al quale viveva la famiglia Höss. Ne La Zona d’interesse viene raccontata in modo quasi documentaristico proprio questa storia nel 1943: Rudolf Höss era il comandante del campo e viveva all’interno della cosiddetta area di interesse intorno al campo, insieme a sua moglie Hedwig e ai loro cinque figli.

Il complesso dei campi di concentramento comportò il massiccio spostamento della popolazione polacca locale. I tedeschi spostarono tra il 1940 e il 1941 circa 17.000 polacchi ed ebrei da Oświęcim (il nome polacco della cittadina di Auschwitz) e dai villaggi vicini. L’intera popolazione ebraica di Oświęcim – un totale di circa 7.000 persone – fu deportata nei ghetti. Otto villaggi polacchi furono distrutti e più di cento edifici situati nella città di Oświęcim, nelle immediate vicinanze di Auschwitz I, furono demoliti.

“Eravamo ansiosi di vedere di che colore sarebbe stata la targa sulla nostra casa. Rosso – spostamento, verde – libertà di restare”, racconta Kołodziejczyk. “Era terribile. Potevi prendere qualche chilo di cose da portare sulla schiena e basta. Il resto doveva essere lasciato indietro. Quindi prendemmo ciò che potevamo”.

Stowarzyszenia Auschwitz Memento

La resistenza a 14 anni

Anche se aveva solo 14 anni, nel 1941 Kołodziejczyk si unì al movimento di resistenza polacca Związek Walki Zbrojnej, che contò più di 1.200 polacchi nell’area circostante Auschwitz. Tutti rischiarono la vita, perché chiunque aiutasse la resistenza veniva incarcerato e spedito ad Auschwitz. Dove la morte era pressoché certa.

Essendo giovane, Kołodziejczyk – che scelse il nome in codice “Olena” – e sua sorella potevano agire più facilmente come collegamenti tra i prigionieri e il mondo esterno. Sotto l’apparente lavoro nella miniera, Kołodziejczyk contrabbandava cibo, medicine, vestiti caldi invernali e messaggi. Lavorava principalmente di notte, nascondendo i rifornimenti nei campi dove i prigionieri potevano trovarli. Ecco com’è nata la scena de La zona d’interesse in cui seppellisce le mele nel fango.

Come mostra il film, Höss si adoperava molto per nascondere la realtà di Auschwitz ai suoi quattro figli (una quinta figlia nacque nel 1943). Kołodziejczyk non ebbe la stessa fortuna, assistendo a scene orribili che la segnarono per la vita. “Non abbiamo avuto un’infanzia”, scrisse, “abbiamo iniziato la vita già adulti”.

Dopo la guerra, Kołodziejczyk rimase nella stessa città. Si diplomò a un istituto tecnico, ma non poté proseguire gli studi perché le autorità comuniste non approvavano le sue attività della Seconda guerra mondiale. Morì nel 2016, dopo aver testimoniato per tutta la vita la sua resistenza.

Aleksandra Kołodziejczyk – Stowarzyszenia Auschwitz Memento

L’incontro con Jonathan Glazer

Kołodziejczyk fu felice di condividere la sua esperienza con Jonathan Glazer durante i dieci anni che ci sono voluti per portare sullo schermo La zona d’interesse. Glazer l’ha incontrata quando aveva 90 anni e lei gli raccontò di come andava con la bicicletta al campo per lasciare le mele, e di quando trovò il misterioso spartito, che, si scoprì, era stato composto da un prigioniero di Auschwitz chiamato Joseph Wulf, sopravvissuto alla guerra. “Viveva nella casa in cui abbiamo girato”, ha detto Glazer in un’intervista a The Guardian. “Abbiamo usato la sua bicicletta, lei purtroppo è morta poche settimane dopo la nostra conversazione”.

Kołodziejczyk ha rappresentato per il regista l’unica luce del film. “Quel piccolo atto di resistenza, l’atto semplice, quasi sacro, di lasciare il cibo, è cruciale perché è l’unico punto di luce. Quando l’ho incontrata ero in un momento in cui pensavo davvero di non poter più finire il film. Continuavo a chiamare il mio produttore e a dirgli: ‘Me ne vado’. È troppo buio, sembrava impossibile, quindi cercavo la luce da qualche parte e l’ho trovata in lei. Lei è la forza del bene”.