Il conflitto Israele-Palestina scuote anche il festival del documentario di Amsterdam

Diversi registi hanno ritirato i loro film dall'International Documentary Filmfest dei Paesi Bassi (IDFA) in segno di protesta per le dichiarazioni della manifestazione sulla guerra tra Israele e Hamas

L’International Documentary Film Festival Amsterdam (IDFA) è ormai diventato un luogo di acceso dibattito sulla guerra tra Israele e Hamas, suscitando proteste da entrambe le parti.

Martedì 14 novembre, parlando con The Hollywood Reporter, il direttore artistico dell’IDFA, Orwa Nyrabia, ha confermato che “circa 10” registi hanno ritirato i loro film dal programma del festival per protestare contro i commenti fatti dall’IDFA. Nel fine settimana anche l’Istituto cinematografico palestinese (PFI) ha annunciato che si sarebbe ritirato da tutte le attività organizzate dal festival.

“Rispettiamo le scelte e le decisioni di tutti i registi, sia che si tratti di dire la loro sul palco o online o di ritirare i loro film, tutte le forme di protesta pacifica, comprese le critiche al nostro lavoro, le onoriamo e le rispettiamo”, ha dichiarato Nyrabia a THR.

Le proteste

Lunedì 13 novembre il PFI ha organizzato una manifestazione davanti alla sede principale dell’IDFA per chiedere un cessate il fuoco a Gaza e per criticare l’IDFA per la sua risposta a una protesta durante la serata di apertura del festival, in cui tre manifestanti hanno esposto uno striscione con lo slogan “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”.

Nyrabia è stato ripreso in un video mentre sembrava applaudire i manifestanti. Molti ebrei considerano lo slogan intrinsecamente antisemita e una minaccia di cancellare lo Stato di Israele. I sostenitori della causa palestinese lo vedono come un appello a porre fine alla frammentazione della terra palestinese e all’occupazione israeliana. La scorsa settimana, il Congresso degli Stati Uniti ha votato per censurare la deputata palestinese-americana Rashida Tlaib per l’uso della frase in un post su X, citando le sue connotazioni “antisemite”.

Nyrabia ha dichiarato a THR di aver visto lo striscione e lo slogan solo dopo la protesta e ha aggiunto di aver applaudito un altro striscione esposto tra il pubblico che recitava “Silenzio è violenza”, una dichiarazione che ha ritenuto essere a sostegno della libertà di espressione.

Un festival diviso

In seguito alla manifestazione, diversi membri di spicco della comunità cinematografica israeliana, tra cui il presidente dell’Accademia israeliana del cinema Assaf Amir, Hagit Ben Yaakov, presidente del Forum israeliano del documentario, e Adar Shafran, presidente dell’Unione dei produttori israeliani, hanno firmato una lettera indirizzata all’IDFA e all’industria cinematografica internazionale in cui definivano lo striscione “un attacco personale contro di noi” e invitavano il festival e il suo direttore a prendere le distanze da “questi appelli alla violenza”.

L’IDFA ha agito in tal senso, rilasciando una dichiarazione online in cui afferma che lo slogan dal fiume al mare “non ci rappresenta e non lo appoggiamo in alcun modo. Ci dispiace davvero che abbia ferito molti”. Il festival ha rilasciato una dichiarazione separata in cui chiede un cessate il fuoco immediato nel conflitto tra Israele e Hamas, nonché la distribuzione di aiuti umanitari e il “ripristino dei servizi e delle infrastrutture di base” a Gaza.

Ma diversi registi e il Palestine Film Institute si sono offesi per la classificazione dello slogan “dal fiume al mare” come “incitante all’odio”. Il PFI ha affermato che ciò “criminalizza ingiustamente le voci e le narrazioni palestinesi” e ha invitato i registi a ritirare i loro film dal festival in segno di protesta.

I registi ritirano i film

Molti lo hanno fatto, compresa la regista iraniana Maryam Tafakory, che ha ritirato il suo cortometraggio Mast-del, pubblicando su Instagram un messaggio su come lo slogan “dal fiume al mare” sia “un’espressione di liberazione e resistenza dei combattenti per la libertà palestinesi. Definire questo slogan offensivo significa essere contro la fine dell’occupazione”.

Ribadendo di non aver visto lo slogan quando lo striscione è stato srotolato sul palco, Nyrabia ha dichiarato a THR che “mi sembra che all’inizio non abbiamo riconosciuto quanto fosse delicato lo slogan per entrambe le parti. Abbiamo cercato di ascoltare e di imparare. Non vogliamo che il nostro festival ferisca nessuno o che sia ingiusto nei confronti di nessuna delle due parti”.

Lo slogan “dal fiume al mare” è stato al centro del dibattito sulla guerra tra Israele e Hamas in Europa. La controversa Suella Braverman, ministro degli Interni britannico, recentemente licenziata, ha proposto di criminalizzare lo slogan in alcuni contesti.

Alcuni politici in Germania e Austria hanno suggerito di classificarlo come linguaggio incitante all’odio. La Corte Suprema olandese, tuttavia, ha sostenuto che lo slogan è protetto dalle leggi sulla libertà di parola del Paese.

Ma il festival continua

Nyrabia afferma che l’IDFA, che si svolgerà fino al 19 novembre, continuerà ad operare come di consueto e che i 10 film ritirati dal programma sono una piccola parte dei circa 280 titoli in programma.

“Vogliamo che il nostro festival sia una piattaforma aperta a tutte le voci, ma il clima di polarizzazione del mondo ci ha investito”, osserva Nyrabia. E continua: “Abbiamo cercato e continuiamo a cercare di far sentire tutti al sicuro e di dare ai registi la sensazione di poter esprimere le loro opinioni apertamente e liberamente”.

Nonostante le polemiche e i disordini che hanno scosso l’IDFA di quest’anno, Nyrabia afferma che l’obiettivo del più grande festival di documentari del mondo rimane lo stesso: essere un luogo di dialogo e dibattito pacifico anche per le questioni più divisive del mondo di oggi.

“Per essere rilevante, per rimanere tale, un festival deve riflettere il mondo, i suoi problemi e i suoi conflitti”, afferma. E conclude: “Questo è il prezzo che pagheremo e che siamo disposti a pagare. Mostrare ciò che è bello e ciò che è brutto. È una sfida difficile, ma che vogliamo continuare ad affrontare”.

Traduzione di Pietro Cecioni