Emmy, fenomenologia di una (probabile) vittoria. Le grandi serie sono finite, Shōgun ha campo libero

FX ha rinnovato per una seconda e terza stagione lo show cult di Rachel Kondo e Justin Marks (in Italia disponibile su Disney+), portandola de facto da miniserie a drama. E nella principale categoria ai prossimi premi non c'è una concorrenza degna di questo nome

Quando saranno annunciate le nomination agli Emmy, il 17 luglio, succederà qualcosa che non si verifica da 50 anni. I candidati per la miglior serie drammatica includeranno soltanto una delle serie già nominate gli scorsi anni, cioè The Crown.

Sarebbe bello poter dire che ciò succederà perché ci sono tantissime belle serie e la giuria le sta diligentemente guardando tutte, per portare alla vittoria i migliori. La verità è però un’altra: questa categoria dei premi è ora una landa desolata. Sono finiti i tempi dei perenni candidati come Succession e Westworld, di Hbo, e Better Call Saul, della Abc, oltre che di The Good Fight e Star Trek: Picard di Paramount+.

Alcuni dei più famosi programmi già candidati in passato agli Emmy magari non sono finiti, ma non sono arrivati in tempo per essere eleggibili: circostanza dovuta anche allo sciopero degli attori e sceneggiatori dello scorso anno, che ha fatto slittare serie come Stranger Things, Squid Game e Bodyguard di Netflix; Euphoria, House of the Dragon, The Last of Us e The White Lotus di HBO/Max; Andor e The Mandalorian di Disney+; The Handmaid’s Tale di Hulu; Severance di Apple TV+; The Boys di Amazon e Yellowjackets di Showtime.

Emmy, la concorrenza

L’unico motivo per cui The Crown sembra assicurarsi una nomination, per la sua sesta e ultima (mediocre) stagione, è che c’è campo libero. (Netflix lo ha capito, e sta cercando di convincere i membri dell’Academy a valutare la serie nel complesso).

Il resto della categoria sarà occupata da tre tipologie di show. Si tratta di serie di medio livello da piattaforme di alto profilo (The Morning Show di Apple TV+, che ha un punteggio dell’11% su Rotten Tomatoes), oppure di serie di altra qualità le cui stagioni precedenti hanno incontrato un’agguerrita concorrenza (come Slow Horses di Apple TV+, The Gilded Age, Tokyo Vice e Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers di HBO/Max e Loki di Disney+, anche Billions di Showtime potrebbe essere preso in considerazione).

E poi ci sono le serie esordienti, che in un anno “normale” avrebbero avuto più possibilità di successo: The Curse di Showtime, Fallout e Mr. e Mrs. Smith di Prime Video, Il problema dei tre corpi di Netflix, Hijack: Sette ore in alta quota e Sugar di Apple TV+, Ashoka di Disney+ ed Elisabeth di Cbs.

Shōgun ha campo libero

Ma la realtà è che nessuna di queste serie ha avuto una stagione abbastanza forte da meritare un posto accanto ai grandi vincitori della storia degli Emmy. Cioè accanto a The West Wing della Nbc, I Soprano della Hbo, Lost della Abc, 24 della Fox, Breaking Bad della Amc e Homeland di Showtime.

Anna Sawai in Shōgun

Anna Sawai in Shōgun

Proprio per questo motivo FX ha annunciato il 16 maggio la continuazione di uno degli show più importanti dell’anno, cioè Shōgun. Un prodotto che da serie limitata diventa quindi serie drammatica, con almeno altre due stagioni in lavorazione e il ritorno confermato di Hiroyuki Sanada, che interpreta Lord Toranaga.

Data la concorrenza, o la mancanza di essa, e la popolarità di Shōgun, che è lo show di FX più visto in assoluto (in base alle ore globali di streaming), è difficile pensare che non vinca, portando al network il suo primo premio in una categoria in cui aveva già ottenuto nomination per Damages, The Americans e Pose. E si può essere certi che i sostenitori di tutte le restanti serie limitate, tra cui Ripley e Baby Reindeer di Netflix, Fargo e Feud: Capote vs. the Swans di FX; True Detective: Night Country e Il simpatizzante di HBO/Max; Lezioni di chimica e Masters of the Air di Apple TV+ e Lawmen – La storia di Bass Reeves – tirano un sospiro di sollievo per la sua scomparsa dalla categoria.

Questa articolo è stato pubblicato per la prima volta nel numero del 22 maggio della rivista The Hollywood Reporter.